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Firenze deve uscire dal tunnel del passato. Dal nostro inviato Franco Cuomo

“Avanti !”1 aprile 1988

 

 

 

L’anticamera del sindaco è affrescata dal Vasari, come il suo studio del resto, e buona parte di Palazzo Vecchio. È bellissimo fare anticamera dal sindaco di Firenze. Io ho contato quattro tondi con ritratti rinascimentali stupendi alle pareti, quattro ovali minori ed otto ovali ancora più piccoli, autentiche delizie per l’occhio, più otto triangoli a vela, un grande quadrato sul soffitto e una serie di rettangoli alle pareti raffiguranti momenti epici della storia fiorentina, tutti del Vasari o della sua bottega. Una mezz’ora d’anticamera dal sindaco di Firenze, insomma, è spesa bene. Non ci si annoia affatto. Anzi, verrebbe la voglia di restarci di più.

Ancora più sorprendente è l ‘accesso al suo studio. Massimo Bogianckino, uomo di grande cultura e  di autentico impegno nella gestione di prestigiose istituzioni culturali del nostro tempo, ne è sinceramente compiaciuto.

 

“Quando la signora Thatcher è entrata in questa stanza – ammicca con una punta di orgoglio – ha avuto un moto di stupore, si è guardata intorno e mi ha chiesto: “Ma come fa a concentrarsi tra queste meraviglie?. Io le ho risposto: “Ma signora, se si guarda intorno vedrà che sono tutte scene di battaglia, alle quali io m’ispiro per la mia battaglia quotidiana””.

 

La città non è l’opera. Scusa, Bogianckino, tu hai una grande carriera di operatore culturale alle spalle. Sei stato sovrintendente a Spoleto, hai diretto l’Accademia di Santa Cecilia, la Filarmonica, l’Opera di Roma e infine l’Opera di Parigi. Pechè fai il sindaco?

“nel primo volume della Recherche di Proust il protagonista Swann incontra Odette e crede d’innamorarsene perché intravede in lei un’immagine del Botticelli. Nell’ultimo volume si accorge di non amarla affatto, perché non era il suo tipo, perché non ne valva la pena. Forse io sono vicino all’ultimo volume”

 

È una bella citazione letteraria, ma qual è stato in sostanza il tuo impatto con l’amministrazione di una città? Certo, Firenze è un grande museo, ma non è il teatro dell’Opera.

“Non è stato un grande trauma dal punto di vista professionale. L’Opera di Parigi ha oltre mille dipendenti, ciascuno con un suo problema, con un suo incarico. Aggiungi a questo i capricci delle primedonne, più il deficit, più tutti i problemi di un amministrazione complessa. È insomma un microcosmo, una piccola città da amministrare, un groviglio di questioni da risolvere. Non è stato dunque un grande trauma, per me, passare dall’Opera a Firenze. Ha rappresentato un cambiamento radicale nella mia vita, è vero, ma è servito a rinnovarmi, ad appagare una mia vocazione civica che avevo giù sperimentato nell’amministrazione dei teatri, sia pure attraverso meccanismi prevalentemente creativi”.

 

Ecco, tu che hai dedicato  una vita all’arte e alla creatività, che spazio ti sei ritagliato in questa nuova funzione di sindaco per i tuoi più comuni interessi culturali?

“nessuno. Non ho più tempo di fare niente che non sia connesso alla mia esperienza di sindaco. Qui ti capita di dover andare nello stesso giorno al protocollo degli anziani, a un congresso di respiro europeo, all’inaugurazione della società georgofila. Voglio dire che sei tenuto ad assicurare una presenza orizzontale in più campi, una partecipazione continua che ti impedisce l’approfondimento di qualsiasi tema particolare. Così mi accontento di dire aria fritta, cercando però di trovare denominatori comuni gra fli interessi e le esigenze amministrative”.

 

In effetti, a giudicare dal tempo che c’è voluto per avere un appuntamento con te, sei il sindaco più indaffarato d’Italia.

“dipende dal fatto che non so fare il sindaco”

 

Ma il tempo per andare qualche volta a teatro lo trovi ancora

“Per forza, qui sono presidente del Comunale”

 

E per leggere?

“Leggo poco, pochissimo. Cinque sei pagine la sera”

Il mito della nostalgia

 

Qual è l’ultimo libro che hai letto?

“Memorie di Adriano di Margherite Youcenaur”.

 

Questo non lo scriviamo, perché se no sembra che ci stiamo prendendo gioco dei lettori. Maria Magnani Noya legge la Youcenaur, Paolo Pillitteri legge la Youcenaur, tu leggi la Yourcenaur. Non è possibile che tutti i sindaci socialisti delle grandi città leggano la Yourcenaur.

“Eppure è così- e secondo me c’è anche una ragione”

 

Quale?

“C’è tanto saggezza, tanta tolleranza e tanta poesia in queste Memorie di Adriano che mi sembra perfettamente legittimo e comprensibile che siano proprio degli amministratori socialisti ad esserne soggiogati. Prova a chiedere a un sindaco d’altro partito che cosa legge. Io, per quanto mi riguarda, ho persino tratto dalla Yourcenaur un’ampia citazione per il mio discorso d’insediamento, e ti assicuro ch’era molto pertinente” Va bene. Fermiamoci qui, se no rischiamo di fare come “Quelli della notte” con kundera, anche se la nostra autrice è sicuramente minore. Parliamo di Firenze. Qual è, secondo te, il suo problema maggiore?

“Firenze dovrebbe liberarsi in primo luogo dell’intimidazione del passato, dal peso della storia, dal mito della nostalgia, tutte cose che si risolvono in una piccola fiorentinità provinciale. Firenze dovrebbe trovare il coraggio di rinnovarsi anche urbanisticametne. Certo, Firenze è bella. Ma il bello è dovunque, tanto nelle tracce del passato che nei mutamenti apportati dalle epoche successive. A Firenze invece non si può spostare una pietra. Le ultime grandi innovazioni risalgono a cento anni fa: i viali, piazzale Michelangelo, piazza della Repubblica. Siamo più o meno allo stesso periodo delle grandi opere nelle capitali d’Europa: i viali a Parigi, il Ring a Vienna, e così via. Non si può dire che Firenze si sia molto rinnovata”.

 

Eppure molte cose bollono in pentola. Esistono dei grandi progetti di espansione edilizia, già approvati nell’ambito del piano regolatore.

“È vero. Si tratta di creare dei grandi pezzi di periferia, di una periferia che si vivibile e godibile anche sotto il profilo estetico. La democrazia in Italia ha peso delle grandi occasioni con le periferie. Non ha saputo creare delle belle periferie, il che era possibile. Si è limitata a mettersi in mano a degli speculatori, con i risultati che tutti conosciamo. A Firenze adesso cercheremo di fare di meglio”

 

Sconvolta piazza della Signoria

Senza toccare il centro storico, s’intende.

“Naturalmente, senza toccare il centro storico. Anche se, francamente, io non vedo cosa ci sarebbe di male. In ogni caso l’intero centro cittadino, dal cuore di Firenze fino ai viali, verrà enormemente valorizzato nei prossimi giorni con il completamento del piano di chiusura al traffico, che avverrà verosimilmente entro aprile”.

Intanto Piazza della Signoria è trasformata in un grande cantiere. Si tratta di scavi archeologici importanti, è vero. Ma quanto serve alla città stravolgere una piazza così bella per scoprire che c’è sotto? Ed in che modo si potra fruire di queste meraviglie?

“Gli scavi stanno portando alla luce non soltanto le fondamenta della città medievale, ma anche la città medievale, ma anche la città romane quella preromana, le tracce della civiltà etrusca e così indietro nel tempo. Credo che si tratti di un’iniziativa”.

 

Non lo metto in dubbio. Ma dopo che farete? Ricoprirete tutto o renderete visibili questi scavi  attraverso, poniamo, un pavimento trasparente?.

“Qualche settore forse potrà essere mostrato e reso accessibile agli studiosi. L’intera piazza no, è impensabile. I risultati degli scavi verranno registrati e catalogati, ma poi bisognerà ricoprire il tutto. In ogni caso Firenze ha problemi ben più gravi”.

 

Economici? Occupazionali? Industriali?

“No. La situazione economica non è brutta. Ci sono delle sacche disoccupazione, ma sostanzialmente la situazione della Toscana è positiva. Il problema è un altro quello dell’emarginazione”.

 

Emarginati dai trasposti.

Emarginazione sociale, politica, cultural? Di che genere?

“Emarginazione dai trasporti e dalle comunicazioni. Gia due Mi-Ro al giorno non sostano più a Firenze ma vanno direttamente da Bologna a Roma. I Mi-Ro sono rapidi Milano-Roma. L’autostrada è insufficiente; il tratto Firenze-Bologna in particolare è diventato rischioso e impraticabile. Ho seri dubbi che tutti quei lavori che si fanno in continuazione su quel tratto servano solo a rallentare deliberatamente l’andatura per contenere il rischio di incidenti. L’aeroporto è una specie di giocattolino, sul quale le forze politiche non si accordano. Credo che ci sia di che essere preoccupati. Comincio a pensare che abbia ragione chi ha detto che Firenze si avvia a diventare una città evirata”.

 

Firenze è stata per sei anni capitale d’Italia, dopo l’unità. Come sarebbero andate le cose se il primato non si fosse trasferito a Roma?

“Malissimo. I fiorentino sono ben felici di avere ceduto a Roma questo onore, perchè si rendono conto che sarebbe stata una vera sciagura diventare capitale definitiva d’Italia. Pensa soltanto allo sconquasso che avrebbe procurato la creazione a Firenze dei nuovi ministeri, della sede del governo, del parlamento, di tutte le infrastrutture e via dicendo”.

 

Eppure, secondo molti, i fiorentini l’hanno molti, i fiorentini l’hanno presa male. Sono sempre così aggressivi, così arroganti, così irritanti. Almeno è questa l’immagine che la maggior parte della gente ha dei fiorentini. Ci sarà  pure un minimo di fondamento, o no?

“Guarda questi due grandi affreschi alle pareti – sorride Bogianckino, felice di sottolineare la preziosità del suo studio -. In uno c’è Clemente VII con Carlo V. In questa contraddizione, in questa capacità di flirtare con due nemici di questo calibro, è un po’ tutta la storia di Firenze. Certo, i fiorentini sono rissosi e contraddittori, ma sono stati guelfi e ghibellini, bianche e nei, piagnoni e repubblicani, che ti aspetti da loro?”