Discorso
del sindaco Associazione industriali “”
20
marzo 1986
Un
appuntamento culturale e un incontro di studio molto suggestivo e
intellettualmente stimolante già nell’approccio. Temi diversi, provenienze
culturali diverse, un largo spettro di competenze e di modi di vedere: un
confronto tra le tante possibili letture della realtà: da quella poetica a
quella economica, dalla sintassi dell’arte a quella dell’industria,
dall’approccio umanistico a quello scientifico.
Un’occasione
molto preziosa di dibattito sia culturale sia per il momento in cui si presenta
(all’esordio dell’anno di Firenze capitale europea della cultura) sia per
spirito che la informa già nel titolo.
Firenze
deve uscire infatti dal suo guscio, ripensare se stessa guardarsi intorno e
verificare le proprie attitudini, valorizzare le proprie occasioni storiche
senza perdere il contatto con il mondo in rapido movimento. La “nuova
primavera” che si auspica nel titolo stesso del convegno dipende da questo
passo preliminare. Considero un fatto di grande rilievo che oggi si ponga
esplicitamente questa riflessione a tutto tondo all’ordine del giorno delle
forze più vive della città, a tutti coloro che amano Firenze e che tuttavia
sanno guardarla con occhio critico, anche spietatamente critico, senza
indulgere alla oleografia stereotipa della città del Rinascimento.
Non
occorre quindi che sottolinei la profonda curiosità intellettuale che anima la
mia attenzione e l’interesse dell’Amministrazione Comunale che da pochi mesi
presiedo per una riflessione proiettata sul futuro della nostra città.
Firenze
ha forse il torto di aver trascorso alcuni anni senza porsi il problema di un
progetto di lungo periodo. Forse perché ha trovato in se stessa, con il turismo
di massa, una risorsa, creduta inesauribile, ed una fonte di reddito
prontamente disponibile. Ma la risorsa non è inesauribile, anzi è provato
quanto si deperibile e delicata dal punto di vista della sua conservazione e di
un suo corretto uno in termini culturali.
Inoltre
non è pensabile ce le potenzialità di Firenze si riducano al solo turismo e
alla fiorente industria, di piccole e grandi dimensioni, che ruota intorno ad
esso con buoni esiti commerciali ma spesso con scadenti risultati di cultura e
di costume e qualità della vita.
Non
voglio neppure, da fiorentino d’adozione, muovere troppe critiche alla città.
In realtà tutti siamo restii spesso, quanto si è imboccata una via, a cambiare
orientamento. Ma è un processo molto salutare anche quanto è drammatico. Ogni
cosa vivente muta è da temere solo l’immobilità.
Firenze
può tornare ad essere una città moderna, perché vivente nel mondo
contemporaneo, attiva e capace di proposte innovative, presente nel dibattito cultural,
capace di gesti architettonici e di proposte urbanistiche che valgano di
esempio anche sul piano internazionale.
stanno
maturando le condizioni per un grande passo. Innanzitutto la citta ripensa se
stessa ed al proprio ruolo et ha di fronte una grande occasione di sviluppo e
di sistemazione urbanistica, grandi progetti da realizzare.
L’86
di Firenze Capitale europea della cultura, nonostante i grandi sforzi che sta
richiedendoci, nonostante la tirannia del tempo e del denaro, sarà decisivo se
sapremo usare questa occasione per posse la “questione-Firenze” ai fiorentini,
agli italiani e agli europei, se è vero che Firenze è considerata patrimonio
universale.
-l’’86
è anche ‘anno in cui dovranno definirsi i progetti per l’area nord ovest, i
piani urbanistici di Castello e Novoli, le proposte di investimento della Fiata
e della Fondiaria,
sono
due fatti, che si concentrano in questo anno e che ci forniscono coordinate
precise di riflessione, Firenze non rinnega se stessa o il proprio passato
sull’altare della modernità e dello sviluppo, ma, partendo dal proprio passato,
dai grandi punti di riferimento della sua storia, del suo tessuto urbano, del
suo patrimonio artistico e architettonico, ritrova e rilancia il proprio valore
mondiale e il ruolo significativo che ha nel mondo e in Europa in particolare.
Se
le occasioni esistono, spetta agli uomini di oggi, ciascuno per le
responsabilità proprie saperle utilizzare.
Il
vostro passo, il passo che compie con questo dibattito, per le sue
caratteristiche e per il momento scelto, si muove in questa direzione. Non è
formale quindi l’augurio ai vostri lavori, perché sentiamo che sono i “nostri”
lavori: i “lavori in corso” – come ebbi a dire anche al ministro Gullotti – di
una città che, tutta intera, vuole essere considerata per ciò che essa esprime
e saprà esprimere nel futuro, che vuole e non solo con tempi al passato
ancorché contenuti in frasi lusinghiere di sincera ammirazione.