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Nemesi implacabile
Un altro lavoratore � caduto, vittima dell'odio
degli agrari. Uno di costoro, circondato da banditi al suo soldo,
nella notte come un brigante, ha teso l'agguato e proditoriamente
ha sparato su lavoratori scesi in lotta per difendere ancora una
volta il loro pane: un bracciante � stato ucciso, Vittorio
Veronesi, un altro ferito gravemente: Balderini.
Questo il nuovo delitto consumato contro la classe operaia che la
stampa governativa cercher� di minimizzare e anche di
giustificare, falsando, come � suo costume, i fatti.
A Porto Mantovano oggi, come gi� a Mediglia e a Celano, sono i
proprietari terrieri che intervengono direttamente contro i
lavoratori, i quali intendono resistere a chi vorrebbe sfruttare
la loro fatica. � lo squadrismo agrario che risorge come nel 1921
e 1922, quando impervers� indisturbato, sotto la protezione
dell'autorit� costituzionale, nella Valpadana, nell'Emilia, in
Toscana, gi� nelle Puglie, seminando vittime tra la gente della
terra e aprendo la strada del potere alla reazione.
E come allora, la responsabilit� di questi delitti consumati
contro la classe operaia ricade anche e soprattutto sul Governo
clericale, che dal 18 aprile 1948, nell'intento di poter
impunemente condurre fino in fondo la sua politica di fame, di
sfruttamento della classe lavoratrice, di asservimento allo
straniero, si � studiato, in tutti i modi e con tutti i mezzi, di
indicare all'odio della nazione una parte del popolo italiano, la
parte pi� angustiata dalla miseria e nello stesso tempo pi�
decisa a resistere alla sopraffazione ed agli arbitri della classe
padronale e del Governo.
Agrari, industriali e Governo sono ormai una cosa sola, uniti
dagli stessi egoismi di classe, dallo stesso odio contro i
lavoratori, dalla stessa volont� criminosa di soffocare nel
sangue ogni agitazione sindacale.
La responsabilit� di questo sangue versato - nostro sangue -
ricade su di loro in solido, senza discriminazione alcuna.
Ma la domanda che ancora una volta sorge dal nostro cuore
angosciato � questa: "Che fare di fronte a questi nostri
morti?".
Domanda che ci fa sentire tutto il peso e tutta la responsabilit�
del posto che ciascuno di noi occupa nella presente lotta contro
la reazione clericale. Sappiamo che sarebbe stoltezza grave
assecondare e mettere in atto lo sdegno di cui � colmo l'animo
nostro. Abbandonarsi ad atti di vendetta, sia pure in nome dei
morti che giacciono implacati, sarebbe follia e sarebbe andare
contro la storia.
Verr� il nostro giorno ma esso non sorger� dall'improvviso
sdegno degli uomini, bens� sar� la conseguenza logica,
inarrestabile, della situazione che diviene. Bisogna, dunque
guardare con certezza a questo giorno e ad esso prepararsi in ogni
ora della nostra esistenza: bisogna essere pronti come se esso
dovesse sorgere domani; e tenaci come se solo chi dopo noi verr�
dovesse viverlo.
Il sangue dei nostri fratelli morti e il pianto dei vivi non
devono suscitare in noi disperati propositi ma debbono farci
vedere pi� chiaro in noi stessi e renderci pi� fermi, pi�
decisi e pi� combattivi nella lotta che da anni sosteniamo per la
causa proletaria.
Questa lotta � giunta alla sua fase decisiva e perci� il nemico
che ci sta di fronte, nel campo interno come in quello
internazionale, si fa pi� rabbioso, pi� feroce, pi�
sanguinario.
Ma questo non solo non pu� arrestarci, deve anzi sospingerci
sempre pi� avanti.
In fondo a questa nostra strada stanno la vittoria e la Nemesi
storica: l'una attende l'esercito del proletariato, l'altra i
persecutori della classe operaia, e sar� implacabile.
In "Avanti!" e in
"Lavoro nuovo", 18 maggio 1950.
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