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La
sentenza del Processo di Savona
(1927)
L'espatrio
clandestino di Turati fu oggetto di un processo che si svolse
dinanzi al tribunale di Savona. Turati e Pertini furono giudicati
in contumacia. Carlo Rosselli e Parri trasformarono il
dibattimento in una memorabile requisitoria contro il fascismo e
le sue violenze. Il verdetto dei giudici e la motivazione
tradiscono sotto il linguaggio burocratico il grave imbarazzo del
tribunale, posto dinanzi al dilemma "legge positiva o norma
etica". Su un piatto della bilancia vi era un determinato
episodio, che la legge prevedeva come reato, sull'altro vi erano
le personalit� degli imputati, con le loro idee e le loro
ragioni. Per uscirne col minor danno il tribunale adott� una
triplice tattica: minimizzare per tutti i fatti; assolvere gli
imputati minori; alleggerire la posizione degli altri escludendo,
paradossalmente, che avessero agito per fini politici.
Fu in realt� una sentenza coraggiosa, perch� i giudici
respinsero le pressioni dall'alto e assunsero un atteggiamento di
"non collaborazione" nei riguardi del regime fascista.
Fu anche il canto del cigno del vecchio stato democratico-liberale.
Gli oppositori, in seguito, vennero giudicati non pi� dalla
magistratura ordinaria ma dal Tribunale Speciale di stretta
osservanza fascista.
(V. FAGGI, Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni,
Milano, Mondadori 1979, pp. 32-33)
In
nome di S. Maest�
Vittorio Emanuele III
per grazia di Dio e per volont� della nazione
Re d'Italia
Udienza 14 settembre 1927
Il
Tribunale penale di Savona
composto dai signori:
Cav. Sarno Pasquale - Presidente
Cav. Donadu Gio Antonio
Cav. Melinossi Angelo Guido Giudici
Ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa penale
contro
I)
Turati Filippo fu Pietro e di De Giovanni Adele nato il 26-11-1857 a
Canzo, residente a Milano piazza del Duomo 23, avvocato, latitante,
colpito da mandato di cattura.
2) Pertini Alessandro fu Alberto e di Muzio Maria nato il 25-9-1896
in Stella ivi residente con ultima dimora residente in Savona, via
Paolo Assereto 17, latitante colpito da mandato di cattura.
3) Parri Ferruccio e di Marsoli Marietta, nato il 19-1-1890 a
Pinerolo, residente a Milano, via Moscara 70, attualmente alla
colonia dei confinati di polizia di Ustica. det. dal 14-12-1926 al
9-4-1927 e colpito da ordine di cattura.
4) Rosselli Carlo fu Giuseppe e di Pincherle Amelia nato il
16-11-1899, residente a Como, presso l'avv. Mariano Tosati;
attualmente al confino di Polizia coloniale di Ustica. det. dal
14-12-1926 al 10-4-1927 e colpito da ordine di cattura.
5) Dabove Lorenzo fu Assunto e fu Lavagna Candida nato li 11-8-1894
a Savona, ivi residente in via Antonello Forzano, 6. Attualmente al
confino di polizia colonia di Ustica e colpito da ordine di cattura.
6) Ameglio Emilio fu Domenico e di Brena Angiolina nato il 31 1894
(sic) a Nizza Monferrato, residente a Savona via XX settembre 9,
attualmente al confino di polizia colonia di Lipari. det. dal
18-12-1926 al 9-4-1927 e colpito da ordine di cattura.
7) Spirito Francesco fu Luigi e di Traverso Anna nato li 19-9-1875 a
Savona ivi residente via Paolo Cappa, attualmente al confino di
polizia colonia di Lipari. det. dal 16-12-1926 al 7-4-1927 e colpito
da ordine di cattura.
8) Oxilia Italo fu Giovanni e fu Malagamba Maria nato li 3-8-1897 a
Bergeggi, residente a Savona via Montenotte io-9, latitante, colpito
da mandato di cattura.
9) Oxilia Giacomo, fu Giovanni e fu Malagamba Maria nato il
19-5-1896 a Savona, ivi residente, attualmente nel carcere di Savona
in attesa di traduzione al confino di polizia detenuto dal 9-5 al
4-6-1927 e colpito da ordine di cattura.
11) (sic) Albini Ettore di Daniele e di Bardelli Elisa nato il
31-10-1869 a Milano ivi residente, via Guastalla 5, attualmente al
confino di polizia; colonia di Lipari. Detenuto dal 13-12-1926 al
9-4-1927 e colpito da mandato di cattura.
I m
p u t a t i
A)
IL TURATI E IL PERTINI:
Del reato secondo l'art. 160 p.p. della legge di P.S.T.U. - 6, 11,
1926 n. 1848 modif. dall'art. 3 R.D. Legge 4-4-1927 n. 593 per
essere la sera dell'11 Dicembre 1926 non muniti di passaporto o di
altro equipollente espatriati per motivi politici partendo dal porto
di Savona la sera stessa a bordo del motoscafo "Oriens"
della ditta omonima e sbarcando la mattina dopo a Calvi di Corsica.
B) ROSSELLI, PARRI, DABOVE, SPIRITO, AMEGLIO, OXILIA Italo, OXILIA
Giacomo, e BYANCE'; del reato secondo l'art. 160 cap. I della detta
legge modif. dall'art. 3 R.D. legge 14-4-1927 n. 593 e 63 cod.
Penale, per avere nelle predette circostanze di tempo ed anche in
giorni precedenti in Milano e in Savona cooperato di correit� nella
preparazione ed esecuzione del reato di cui sopra partecipando il
Rosselli, il Parri, il Dabove e gli Oxilia alla preparazione dei
mezzi e delle modalit� dell'imbarco e del viaggio all'estero e
accompagnando Turati e Pertini nel viaggio, somministrando lo
Spirito il motoscafo come mezzo di trasporto, provvedendo il Boianc�
all'acquisto e consegna del combustibile per il motoscafo e
prestando l'Ameglio l'opera propria di motorista durante il viaggio.
C) ALBINI del reato di cui all'art. 160 cap. I della predetta legge
modificato dall'art. 3 R.D. legge 14-14-1927 n. 593 per avere con
atti compiuti in Milano e Caronno Ghiringhello (Varese) nel Novembre
e Dicembre 1926 cooperato nella preparazione di esecuzione
dell'espatrio clandestino del Filippo Turati a cui nel primo capo
dell'imputazione avendo l'Albini celato per 10 giorni la persona del
Turati (dopo la fuga clandestina di Milano) nella sua casa di
campagna in Caronno.
D) DABOVE, AMEGLIO, OXILIA Italo e OXILIA Giacomo in particolare:
I) - del reato di cui art. 57 e 354 Cod. per la Marina Mercantile,
per avere nella sera dell'11 e fino al mattino del 14 dicembre 1926,
partendo da Savona giungendo a Calvi di Corsica e sbarcando di
ritorno alla Spezia, assunto il comando del motoscafo "Oriens"
senza essere a ci� autorizzati.
2) - del reato secondo gli art. 36-39 e 352 Cod. per la Marina
Mercantile in relazione all'art. 911 e 913 del relativo regolamento
per avere nelle predette circostanze intrapreso e compiuto una
navigazione fuori dei limiti prescritti essendo il motoscafo adibito
al solo traffico locale al comando di una capobarca.
4) (sic) - del reato secondo l'art. 95. Cod. Marina Mercantile per
avere in dette circostanze adibito il detto motoscafo di quattro
passeggeri senza la prescritta autorizzazione e senza l'osservanza
delle norme regolamentari per tale servizio.
5) - del reato di cui all'art. 116 Codice Marina Mercantile in
relazione all'art. 652 del regolamento per avere omesso giungendo
col motoscafo a Spezia il 14 Dicembre 1926, di presentarsi nel
termine prescritto all'ufficio di porto e di consegnargli le carte
di bordo.
In esito all'odierno pubblico dibattimento.
FATTO
La
mattina del 14 Dicembre 1926, verso le ore sette, un motoscafo
attraccava di sorpresa all'estremo pontile Walton di Marina di
Carrara e, dopo avere deposto a terra due individui, si allontanava
rapidamente, sperdendosi nella nebbia. Gli agenti di Finanza di
servizio, messi in sospetto, fermarono quegli individui, che si
qualificarono per Parri Ferruccio e Rosselli Carlo, dichiarando di
provenire da Savona in gita di piacere, e li accompagnarono davanti
il Commissario di P.S. di Carrara.
Al quale confermarono, in sostanza, che avevano fatto una gita di
piacere a Savona e Spezia, ove il proprietario della barca avrebbe
dovuto caricare un motore, che in tutti erano sei persone nel
motoscafo, senza per� fare il nome dei compagni, e che erano
sbarcati per prendere il treno. Il Commissario li tenne in arresto e
fece indagini telegrafiche, interessando le Questure di Milano e di
Savona. Venne a risultare allora che il Rosselli e il Parri erano
ricercati dalla Questura di Milano e che erano indiziati come
cooperatori nell'espatrio clandestino di Filippo Turati. In seguito
venne anche a risultare che a questo effetto il Rosselli aveva
indotto tale Dabove Lorenzo di Savona ad acquistare qui il motoscafo
da Spirito Francesco della ditta "Oriens". Tale motoscafo
veniva intanto sequestrato nel porto di Spezia ove veniva anche
tratto in arresto il Dabov(e). Costui dichiarava che la notte
dall'11 al 12 di quel mese di Dicembre il motoscafo, acquistato da
Rosselli e Parri con la sua mediazione (da) Spirito Francesco, era
partito dalla localit� di pesci vivi di Savona con a bordo esso
Dabove, gli stessi Parri e Rosselli, i fratelli Italo e Giacomo
Oxilia, il motorista Ameglio, nonch� Filippo Turati e Alessandro
Pertini, e dopo circa 12 ore di navigazione, aveva approdato a Calvi
di Corsica ove erano sbarcati il Turati e il Pertini, mentre tutti
gli altri erano tornati in Italia.
Le indagini fatte dalla P.S. di Savona confermavano sostanzialmente
le dichiarazioni del Dabove, e accertavano altres� che la benzina
occorrente per la traversata, era stata procurata da tal Giuseppe
Boianc�. Anche la Questura di Milano esperiva indagini, e risultava
dalle stesse che Filippo Turati era scomparso dalla sua abitazione
di Piazza Duomo 23 di quella citt� sin dal pomeriggio del 4
novembre recatosi a Caronno ghiringhello nella casa di campagna del
suo amico Ettore Albini ove si era trattenuto fino alla sera del due
di dicembre.
Questi fatti denunciavano il commissario di P.S. di Savona, la
Questura di Milano e quella di Carrara e, in seguito a lunga
istruttoria, con sentenza del 14 giugno 1927, di questo giudice
istruttore, prosciolti alcuni imputati, venivano rinviati al
giudizio del Tribunale Turati e Pertini per rispondere del reato di
clandestina emigrazione per fini politici, e Rosselli, Parri, Dabove,
Ameglio, Spirito, i due Oxilia e Boyanc� di cooperazione in tal
reato, nonch� i soli Dabove, i due Oxilia e Ameglio di reati
previsti dal codice per la Marina Mercantile. Il Turati e il Pertini,
l'Oxilia Italo e il Boyanc�, colpiti da mandato di cattura,
rimasero latitanti, mentre gli altri si presentarono a rispondere
dei reati in stato di detenzione.
DIRITTO
Le
risultanze del processo scritto e del pubblico dibattimento danno la
prova chiara e manifesta di questo: Turati e Pertini hanno
espatriato senza passaporto e trovansi attualmente in Francia;
Rossellil, Parri e Dabove, Oxilia Italo e Giuseppe Boyanc� hanno in
diverso modo cooperato all'espatrio clandestino. Il Dabove ebbe
subito a confessare, quando fu interrogato dal Commissario di
Pubblica Sicurezza di Spezia, il Rosselli ed il Parri negativi sul
principio, finirono per confessare anch'essi, quando si videro
pressati da vari elementi di reit� e che ormai era vano negare.
Essi confessarono di essere stati i promotori, gli organizzatori e
gli esecutori, in parte dell'espatrio del Turati e del Pertini;
anche il Dabove non nasconde di avere procurato il motoscafo dallo
Spirito dal quale ricevette lire 5.000 di mediazione, in seguito ad
incarico del Rosselli, conscio dell'uso a cui doveva servire. Dalle
loro dichiarazioni discende la responsabilit� anche dell'Oxilia
Italo, il quale, conscio del pari dello scopo del viaggio, fu il
capitano ed il direttore della rotta, pratico, come egli risulta del
governo di una nave.
Provata � del pari la responsabilit� del Boyanc�: occorreva la
benzina pel motore, molta benzina per la lunga traversata, ed egli
ebbe incarico dal Dabove di trovarla e la trov�: il teste Caprone
dice della di lui sollecitudine nell'ordinare e ritirare la benzina,
dice della grande sorpresa che ebbe di vedere esso Caprone nel
negozio ove l'acquistava, sorpresa propria di colui che � colto
mentre sta commettendo un reato: il Caprone � un ardente fascista
della prima ora mentre il Boyanc�. gi� esponente del partito
sovversivo locale, � descritto come un uomo senza scrupoli che
viveva d'imbrogli e di espedienti.
Subito dopo il fatto egli fugg� da Savona senza che sia stato pi�
possibile rintracciarlo, ci� che � molto significativo su di lui.
Pare invece al Collegio che debba escludersi la responsabilit� di
Albini, Spirito, Ameglio e Oxilia Giacomo.
L'Albini dette ricovero al Turati nella sua casa di Saronno, ma
nessun elemento di causa autorizza a ritenere che egli fosse
comunque consapevole di propositi di espatrio clandestino. Egli ebbe
in animo di dare ospitalit� al suo vecchio amico malato il quale
ingiustamente, come si dir� in appresso, credeva che la sua vita
fosse minacciata, e non ne fece mistero poich� il teste Toscanini
� venuto a deporre come l'Albini, suo impiegato, ebbe a chiedergli
un breve permesso per recarsi nella sua casa di Caronno Ghiringhello
allo scopo di ricevervi il Turati che gli aveva mandato ospitalit�:
aggiunge il teste che tale richiesta e tale dichiarazione l'Albini
ebbe a farla in pubblico negozio, alla presenza della dattilografa
di altre persone. E lo disse anche il dott. Gilardoni che glielo
domandava per conto della Questura, mentre avrebbe potuto negarlo.
Altro elemento non trascurabile � che il Turati lasci� la casa
Albini il 2 Dicembre, mentre fugg� dall'Italia dopo ben nove
giorni.
Lo Spirito vend� il motoscafo, per quanto la vendita fosse soggetta
ad una preventiva prova della sua efficienza, al Rosselli per mezzo
del di lui amico Dabove. Egli neg� questo sul principio, ed in
verit� a tale negativa, sopra di tutto si deve la presunzione di
colpo contro di lui ma lo ammise poi e le risultanze di causa in suo
favore, gravi e precise, disperdono la fosca luce che quella
negativa, impensamente pronunciata e forse dovuta al turbamento
animo di persona affetta da disturbi epilettici, poteva proiettare
contro di lui; egli risultava di provata fede fascita ed iscritto al
partito, come affermano testi autorevoli, quali Piaggio R.
Commissario della Camera di Commercio, il Capitano Corradini e il
Comandante Dupanloup decorato della Grande Guerra; ha sempre preso
larga parte in tutte le manifestazioni patriottiche, e ripugna il
pensare che egli si fosse prestato a favorire persone che
rappresentano correnti d'idee contrarie alle sue, e giustamente
condannate.
N� lo avrebbe mosso fine di lucro perch� la vendita
sarebbe stata conclusa per il prezzo che il motoscafo
commercialmente aveva, perch� lo stesso motoscafo non a lui ma alla
Societ� Oriens si apparteneva della quale egli non rappresentava la
parte preponderante, e perch� infine lo Spirito � persona di
grande censo che pu� anche trascurare simili affari.
Ma due circostanze, pare al Collegio, sono perentorie a favore dello
Spirito; la prima che egli ritardava la consegna del motoscafo, sia
perch� voleva fare eseguire dei piccoli restauri, mentre il
Rosselli li voleva subito e solo col ricorso ad uno strattagemma
(gli fecero credere ad una partita di pesca nell'occasione della
quale avrebbero anche ritirato il motore), riuscirono ad avere la
consegna del detto motoscafo prima del termine fissato: la seconda
� che la benzina del motoscafo non fu fornita da lui pure avendone
un deposito autorizzato per la fornitura di ben tre motoscafi, di
tre motori e di due automobili in servizio della societ�. Pare
evidente che se lo Spirito fosse stato compartecipe alla fuga,
avrebbe subito fornito il motoscafo e la benzina, senza bisogno di
ricorrere a persona, come il Boyanc�, che poteva compromettere il
buon esito dell'impresa.
L'Ameglio governava il motore del motoscafo; egli ha sempre negato
di aver conosciuto lo scopo vero del viaggio e questo confermano
Parri, Rosselli e Dabove. Egli, dice, s'imbarc� e gli fecero
credere che si andava per una partita di pesca; solo in alto mare -
aggiunge - si accorse del tranello. In verit� il Collegio non pu�
prestare piena fede a questo che pare inverosimile lo scorazzare per
il mare prima verso Varazze e poi verso Vado, come fece il motoscafo
per ordine di Dabove; lo imbarco dei passeggeri in modo misterioso
che prima doveva aver luogo al porto di Vado e poi avvenne ai Pesci
Vivi; la promessa di lauto compenso, dovevano pure fargli sospettare
qualche cosa se anche non fosse gi� a conoscenza dell'impresa.
D'altro canto le idee dell'Ameglio che non sono contro il regime, la
pubblicit� che egli aveva dato all'invito del Dabove di guidare il
motore per una gita di pesca, ci� che in altre occasioni aveva
fatto in qualit� di motorista alle dipendenze della ditta "Oriens"
la circostanza che a bordo furono effettivamente caricate delle reti
da pesca fanno dubitare della scienza dell'Ameglio. La persona che
Oxilia Italo condusse con s� a bordo e che aiut� nell'impresa il
motorista, fu dallo stesso Oxilia presentata per lo stesso suo
fratello Giacomo, onde tale individuo fu dagli imputati tutti, che
non lo conoscevano, creduto tale e indicato nei loro interrogatori
per Oxilia Giacomo. Ora questi nega di aver partecipato alla
consumazione del reato. Ripugna al Collegio che l'Oxilia Italo
avesse fatto il nome del fratello contro la verit�, ed � rilevante
la circostanza che l'imputato pur sapendosi ricercato dalla P.S. non
si sia mai presentato. D'altro canto gli imputati tutti hanno
escluso che l'odierno giudicabile sia quello che l'Italo Oxilia
presentasse come suo fratello, mentre � risultato che tra i due
fratelli non corrono buoni rapporti a causa d'interessi che essi
vivono separati e che la sera della partenza del motoscafo, che
avvenne verso le ventidue, il Giacomo Oxilia si sarebbe trattenuto
fino a tardi (oltre le ore 21 e 30) nel bar di Luigi Revello in
Valeggia, mentre doveva trovarsi, prima al porto di Vado, donde il
motoscafo doveva prima partire, e poscia nella localit� Pesci Vivi
donde effettivamente part�, localit� parecchio lontane l'una
dall'altra. S'impone pertanto, l'assoluzione pel forte dubbio che
nasce sulla colpabilit� dell'imputato.
La difesa sostiene che ricorre nella specie l'ipotesi dell'art. 49
n. 3 C.P. Sovrastava - essa dice - un pericolo grave ed imminente
alle persone del Turati e del Pertini, onde essi furono costretti ad
espatriare dalla necessit� di salvare se stessi. Il Pertini,
aggiunge, dov� fuggire da Savona ove gli era stato spezzato il
braccio, e la stessa pubblica sicurezza si era dichiarata impotente
a difenderlo a Milano si tumultuava per le vie - aggiunge ancora -
si cantava che si voleva portare la testa di Turati sopra un palo,
case e studi privati venivano violati, persone percosse e la
Pubblica Sicurezza dichiarava a Turati che non poteva garantirgli la
vita.
Tutto ci� non � rimasto provato: il Turati non ha mai preoccupato
la Questura, dice il Comm. Consolo del ministero degli Esteri ed era
sempre rispettato; anche il Pertini a Savona era protetto dalla P.S.
Una indignazione popolare vi fu, � vero, a Savona, come a Milano,
come in tutta Italia, ma fu una santa ed ingiusta (sic) indignazione
dopo l'esecrando attentato alla vita del primo ministro; l'anima di
tutti un popolo che insorge e protesta contro chi aveva portato la
mano sacrilega assassina e contro chi direttamente o indirettamente
l'aveva armata, ai danni del figlio migliore di questa patria
nostra, che ad Essa dignit� e grandezza ha ridato e che tanta luce
di sapienza diffonde; ma l'indignazione si spense ben presto, perch�
fu arginata e contenuta da opportune misure di pubblica sicurezza e
da alto senso di civismo e patriottismo. Tuttavia, la vita dei
maggiori esponenti di idee contrarie al governo nazionale fu
tutelata e garantita, rigidamente e scrupolosamente, tanto che lo
stesso Turati qualificava asfissiante la tutela precauzionale della
Pubblica Sicurezza. Tutto ci� avveniva, ad ogni modo nei primi
giorni successivi all'attentato del 31 ottobre, mentre la fuga del
Turati e del Pertini � avvenuta la sera del 11 Dicembre, e cio�
dopo pi� di un mese, quando la calma pi� perfetta era da un pezzo
ritornata, quando cio� non poteva pi� parlarsi di "pericolo
grave ed imminente alla persona" che non vi era come si �
detto, mai stato.
Lo espatrio clandestino, dunque, non fu determinato dallo stato di
necessit�.
Ma il Collegio ritiene che non fosse determinato neanche da motivi
politici; l'espatrio intanto � punibile in quanto viola le norme
che regolano la materia (mancanza di passaporto o altri documenti
equivalenti) e diventa delittuoso se sia determinato da motivo
politico. Il contenuto di tale motivo deve essere antinazionale,
antipatriottico, avverso al regime di governo, poich� l'intento
della legge � di difesa statale e nazionale. Il motivo politico
deve essere il motivo determinante il reato di espatrio clandestino
e cio� l'unico che integri il rapporto di causalit� volontaria fra
movente e fatto; pertanto � il fine del reato, ed elemento
costitutivo dello stesso. Come tale esso non pu� presumersi ma deve
risultarsi in concreto e deve scaturire da fatti inconcreti.
"Chi persegue scopi contrastati con l'orientamento politico,
sociale, chi agisce per abbattere l'organo costitutivo e gli organi
statali, evidentemente delinque determinato da motivo antinazionale
avverso al regime del governo, e quindi politico". Ora, dagli
atti di causa e dall'orale dibattimento non � risultato affatto che
Turati e Pertini abbiano in qualsiasi modo manifestato idee o
comunque commesso taluni fatti dai quali possa dedursi che per
motivo politico abbiano lasciato la Patria. Le loro idee politiche,
ormai inutile fardello vinto e seppellito da nuove concezioni
etico-sociali che raccolgono l'unanime consenso della nazione, non
possono da sole costituire l'elemento integratore del reato,
accompagnate come sono, da qualsiasi altro elemento contrario.
Il Turati, vecchio, settantenne, era malato, molto malato, e la sua
idea assillante e preoccupante era quella, come � naturale, di
volersi curare in luogo adatto, in cui cio� avesse potuto trovare
le cure di cui aveva bisogno; dice il dottore Gilardoni che il
Turati � affetto da aortite ed enfisema con attacchi anginoidi, e
ci� conferma l'altro teste Dott. Pini; aggiunge che � affetto
anche da sifilide e che gli praticava le opportune ignizioni. Tutto
questo depone il Gilardoni � consacrato in un certificato medico
che dallo stesso Turati fu presentato al Prefetto di Milano con la
domanda di Passaporto per una localit� estera in cui avrebbe potuto
il Turati trovare cure adatte ai suoi mali. Il Prefetto di Milano
accompagn� tale domanda con parere favorevole dice il Comm. Consolo
e ci� dimostra la verit� della malattia del Turati e del bisogno
che egli aveva di cure, malattia nota allo stesso Consolo.
Il Turati non voleva espatriare per fare il fuoriuscito e lo aveva
dichiarata il dottor Gilardoni e ne aveva dato parola d'onore al
Prefetto di Milano secondo quello che affermano il Gilardoni e il
Consolo.
Ma un giorno in cui egli cred� di vedere aggravate le misure di
vigilanza intorno alla sua persona, si present� al Prefetto in
istato di estrema eccitazione - dice sempre lo stesso Consolo - a
dolersene. Egli, conscio della gravit� del suo male, dal quale era
certamente dominato, esagerava nel ritenere eccessive le doverose
misure precauzionali che la P.S. esercitava tanto che, dice il teste
Toscanini a cui lo aveva riferito l'Albini aveva sotto il cuscino
del letto una rivoltella pronto a tirare un colpo contro se stesso,
se ancora avesse visto un agente. Ed in queste condizioni di spirito
e di corpo egli fugg� dall'Italia, nella speranza di recuperare la
sua compromessa salute, ignaro, perch� ancora non gli era stata
comunicata, della notizia che il ministero gli garantiva in Italia
un sicuro asilo di quiete in cui avrebbe potuto curare i suoi mali.
Il Pertini � figura secondaria egli approfitt� dell'occasione che
gli si presentava dello espatrio di Turati, organizzato da di lui
amici e concittadini, per andare all'estero. D'altro canto la
permanenza nella casa materna gli era divenuta impossibile per la
coabitazione di un suo fratello che milita nel fascismo e col quale
aveva frequenti dissidi. Lo stesso Comm. di P.S. Cav. Guido lo
consigli� ad andar via, ed egli, privo di mezzi, di fortuna, and�
prima a Milano e poi all'estero a cercare quel lavoro che a Savona
non gli riusciva pi� di trovare. Pare dunque al Collegio che non da
motivi politici sia stato determinato l'espatrio clandestino del
Turati e del Pertini. L'assenza di questo motivo politico
nell'autore del reato, giova ai cooperatori; perch� il motivo
politico, a norma dell'art. 160 � proprio dell'autore e da questo
si comunica ai cooperatori, mentre da questi non pu� comunicarsi a
quello per la ragione che il motivo dei concorrenti non � il
determinatore del reato ma lo � quello solo dell'espatriante.
One, pur risultando nel fatto in esame, che Dabove, Rosselli e Parri
e specialmente questi due ultimi, per la loro stessa confessione,
cooperarono all'espatrio del Turati non solo per ragioni effettive e
sentimentali ma pure per ragioni politiche, tuttavia per i motivi
sopra accennati, esula anche nei loro confronti il reato ipotizzato.
Concludendo: ritiene il Collegio che il fatto costituisca il reato
di cui al capitolo II dell'art. 10 rt. del Codice Penale, essendo il
reato stesso l'effetto dell'azione dei giudicabili, nella medesima
intensit�.
Quanto alla pena si reputa giusto applicare quella restrittiva della
libert� personale e si reputa proporzionata nella misura dei mesi
dieci di arresto per ciascuno imputato: le modalit� in cui il reato
venne consumato e la speciale gravit� che oggi tale reato assumo di
fronte a giuste prescrizioni restrittive emanate per superiore
interesse della vita nazionale, giustificando il rigore della pena
anche di fronte a persone incensurate come sono i giudicabili.
Dei reati previsti e puniti dal Codice per la Marina Mercantile di
cui nel decreto di citazione, deve rispondere il solo Oxilia Italo
perch� � risultato che egli solamente quale pratico navigatore
ebbe il comando del motoscafo durante la rotta di andata e ritorno.
Si crede giusto applicare le seguenti pene:
per il reato di cui al n. 1 lettera D, quella di mesi otto di
detenzione; per il reato di cui al n. 11 quella di mesi quattro e
giorni venti di detenzione e della multa di lire cento; per il reato
di cui al n. 3 quella di lire duecento di multa; ed infine per il
reato di cui al n. 5 la pena di giorni quattro di arresto.
Il fatto di cui al n. 4 si compenetra con fatto principale e quindi,
a norma dell'art. 78 Codice Penale � punito con la pena irrogata
per quest'ultimo fatto costituente reato, pena che � la pi� grave.
Cumulando le anzidette pene a norma degli art. 68, 71, 72 e 75 del
C.P., la pena definitiva da infliggere all'Oxilia Italo risulta
complessivamente di anni uno, mesi uno e giorni venti di detenzione,
e di lire trecento di multa.
I condannati sono tenuti in solido al pagamento delle spese
dell'erario dello Stato
PER
QUESTI MOTIVI
Dichiara
Turati Filippo, Pertini Alessandro, Parri Ferruccio, Rosselli Carlo,
Dabove Lorenzo, Oxilia Italo e Boyanc� Giuseppe responsabili i
primi due della contravvenzione di cui all'art. 160 capoverso 2�
Testo Unico della Legge di Pubblica Sicurezza 6 Novembre 1926 n.
1848 e gli altri di concorso in tale reato, cos� modificato il capo
di imputazione;
Dichiara inoltre Oxilia Italo responsabile dei reati di cui alla
lettera D) n. 1, 2, 3 e 5 del capo di imputazione;
Letti e pubblicati suddetti articoli 160, 63 C.P. 68, 71, 73 e 75
stesso codice, 57, 354, 36, 38, 352, 352, 116 e 423 Codice della
Marina Mercantile nonch� gli art. 909, 911, 912, 913 e 652 del
relativo regolamento 417, 422, 429 Codice di Procedura penale;
Condanna Turati Filippo, Pertini Alessandro, Parri Ferruccio,
Rosselli Carlo, Dabove Lorenzo e Boyanc� Giuseppe alla pena di mesi
dieci di arresto per ciascuno; e Oxilia Italo alla pena per la
detenzione per anni uno, mesi uno e giorni venti e della multa di
lire trecento.
Condanna tutti in solido al pagamento delle spese dell'Erario dello
Stato.
Visto l'art. 421 Cod. Proc. Pen.
Assolve Albini Ettore perch� il fatto a lui ascritto non
costituisce reato; Spirito Francesco per non avervi concorso;
Ameglio Emilio e Oxilia Giacomo per insufficienza di prove dalla
imputazione di cui alla lettera B.
Assolve infine Dabove Lorenzo, Ameglio Emilio e Oxilia Giacomo dagli
altri reati per non averli commessi.
Savona, 14 Settembre 1927 (anno V)
Firmato: Sarno - Donadu - Guido Malinossi - Garnero
Fondo
Pertini

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