DOCUMENTI
L'ergastolo
di Santo Stefano
Alcuni
passi dal volume curato da Vico Faggi Sandro
Pertini: Sei condanne due evasioni rievocano il durissimo
trattamento riservato ai detenuti nel carcere di Santo Stefano.
Pertini
cominci� ad espiare la pena in una cella d'isolamento
nell'ergastolo di Santo Stefano, lo stesso in cui era stato
rinchiuso Luigi Settembrini. Il fascismo lo riservava ai suoi pi�
tenaci oppositori. Vi era stato Terracini, Pertini vi trov�
Scoccimarro e Zaniboni. La sua assegnazione era il duro prezzo che
pagava per l'atteggiamento tenuto dinanzi al tribunale speciale.
Una scritta minacciosa accoglieva i prigionieri: "Lasciate
ogni speranza , voi ch'entrate". Dante ad uso della
disciplina carceraria!
... Perdurava nel carcere, l'eco della morte di Bresci, ucciso,
secondo la tradizione che tra quelle mura si perpetua, dalle
guardie carcerarie. La soppressione dei prigionieri venne peraltro
praticata, dal fascismo, in diversi casi, tra i quali i pi� noti
sono quelli di Gastone Sozzi e di Romolo Tranquilli, il fratello
di Ignazio Silone.
La morte, a volte, era un infortunio sul lavoro dei carcerieri, i
quali volevano soltanto (per ordine ricevuto o zelo personale)
dare una lezione al detenuto, cio� fargli quello che in gergo
carcerario si chiama un "Sant'Antonio". Si tratta di
un'aggressione improvvisa - a base di pugni, calci, colpi di
chiavi - al detenuto sul quale � stata gettata una coperta che ha
la funzione di ostacolarne i movimenti, soffocarne le grida,
impedirgli di riconoscere (nel caso che sopravviva) gli
aggressori.
"Una notte" - ricorda Pertini - "fui svegliato da
un grido subito soffocato 'mamma, mamma!'. L'indomani fu sparsa la
voce che Rocco Pugliese si era impiccato; ma il suicidio non era
che una messa in scena. Pugliese era stato ucciso dai
carcerieri".
Il primo gruppo di antifascisti che conobbe la galera fu
costituito da coloro che, tra il 1919 e il 1922, avendo
partecipato a conflitti armati contro gli squadristi, vennero
condannati per strage, omicidio, lesioni...
In genere erano i (detenuti) politici che influenzavano i comuni,
i quali guardavano a loro come a persone di superiore moralit�, e
quasi con venerazione. Fu per evitare questa influenza che venne
introdotta nelle carceri, per volont� di Mussolini, una rigorosa
separazione tra gli uni e gli altri. La separazione ebbe anche lo
scopo di privare i politici di una via di comunicazione con
l'esterno.
... Ricorda Athos Lisa: ... "Nella cella di segregazione non
si � mai soli; due occhi ci sorvegliavano anche se nulla lo
faceva sospettare. Quando si immaginava che l'occhio del secondino
ci guardasse attraverso lo "spioncino" della porta, ci
si accorgeva che esso ci spiava dalla finestra grazie a un
ballatoio che correva sotto le finestre e all'esterno del carcere.
Ma per accorgersi di ci� era necessario che proprio in
quell'attimo ci capitasse di guardare in quella direzione, perch�
nessun rumore tradiva la presenza del secondino. Ogni cella era
sottoposta alla duplice visita giornaliera: il mattino e la sera
per il controllo delle grate e dei detenuti. Quando meno ci si
aspettava, la porta si apriva violentemente e quattro, cinque
secondini armati di uncini e ferri vari, entravano dentro per
perquisire ogni angolo ed ogni cosa. Il detenuto doveva mettersi
con le spalle alla parete, a braccia aperte e a bocca aperta, in
attesa di subire la perquisizione personale... Le celle dei
detenuti condannati dal tribunale speciale erano sottoposte ad una
particolare sorveglianza. Sulla parete esterna della porta un
cartellino con la scritta: "detenuto pericoloso da
sorvegliare attentamente" impegnava i secondini ad un
rigoroso controllo".
Cos� Pertini ha ricordato una delle sue giornate di carcere
all'ergastolo di Santo Stefano:
"La sveglia suona: � l'alba. Dal mare giunge un canto
d'amore, da lontano il suono delle campane di Ventotene. Dalla
"bocca di lupo" guardo il cielo, azzurro come non mai,
senza una nuvola, e d'improvviso un soffio di vento mi investe,
denso di profumo dei fiori sbocciati durante la notte. E' l'inizio
della primavera. Quei suoni, e il profumo del vento, e il cielo
terso, mi danno un senso di vertigine.
Ricado sul mio giaciglio. Acuto, doloroso, mi batte nelle vene il
rimpianto della mia giovinezza che giorno per giorno, tra queste
mura, si spegne.
La volont� lotta contro il doloroso smarrimento. E' un attimo: mi
rialzo, mi getto l'acqua gelida sul viso. Lo smarrimento � vinto,
la solita vita riprende: rifare il letto, pulire la cella, far
ginnastica, leggere, studiare...".
...Il detenuto si impone regole precise: pulizia a s� e alla
cella, ginnastica, lettura e studio, ancora ginnastica, ancora
studio e lettura, sinch� il sole tramonta. All'alba arriva il
caff�, che � una brodaglia fatta coi fondi, alle 10 il rancio,
che consiste in una minestra: pasta e fagioli, pasta e ceci.
Pertini mette da parte ceci e fagioli per il "pasto
serale".
L'ora del passeggio, che si riduce a meno perch� comprende il
tempo di uscire dalla cella e rientrarvi, si passa da uno spicchio
di cortile, sotto la sorveglianza della sentinella che vigila dal
ballatoio. Ogni "segregato" passeggia solo nella sua
frazione di cortile. Ciascuno � diviso dall'altro non soltanto
dal muro, ma anche da uno spicchio vuoto di cortile. Non debbono
comunicare.
Alle 17, d'inverno � gi� buio. Nella sua cella il detenuto
passeggia in attesa del momento un cui potr� tirar gi� il suo
lettuccio. Poi viene l'ora di sdraiarsi, l'attesa del sonno, e
l'uomo � solo con i suoi pensieri...
Sandro
Pertini: Sei condanne e due evasioni
a cura di Vico Faggi
Milano, Mondadori 1974
pp. 105-109
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