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Presentazione
Per quello che ne sappiamo, non esistono antologie
scolastiche dedicate all'opera di K. Barth. Gi� questo elemento
evidenzia il ritardo della cultura e della scuola italiana in un
campo, quello della storia della teologia, fondamentale non solo
in s�, ma anche in relazione ad una completa comprensione di
menti importanti della storia civile e culturale europea. Il
pensiero di Barth, infatti � centrale per costruire un quadro
completo del panorama culturale di lingua tedesca nel passaggio
dal totalitarismo nazista alla democrazia. Non solo, il
contributo di Barth e di altri teologi, ci illumina su un
capitolo particolare della resistenza al regime hitleriano.
Quello della Chiesa Confessante.
Il lavoro che presentiamo consta di due parti. Un saggio
introduttivo e una scelta antologica. Il saggio � frutto del
concreto fare scuola e spera di coniugare chiarezza e rigore;
l'antologia, pure, � funzionale al rapporto di
insegnamento-apprendimento e propone passi che possano colpire
l'attenzione di chi non ne sa ancora nulla. Speriamo di aver
messo in cantiere uno strumento vivo che possa servire anche ad
altri. Il lavoro, comunque, � aperto e speriamo, gi� nel
prossimo anno, di poterlo migliorare.
Premessa
Quando pensiamo al secolo ventesimo ci vengono in mente
alcuni avvenimenti storici nei quali si sono mossi uomini
politici e di cultura o movimenti di massa che ne hanno
particolarmente espresso la sensibilit� e le problematiche
esistenziali pi� urgenti. Pirandello ci richiama subito ad una
determinata rappresentazione della crisi in cui la borghesia
italiana ed europea ormai versa sin dall'ultimo '800. Stravinsky
nelle opere musicali ci d� un'idea della sensibilit� musicale
di un secolo che non pu� pi� esprimersi attraverso le
armoniose composizioni dei secoli precedenti. Sia di Pirandello
che di Stravinsky mai, neppure distrattamente, potremmo
affermare che sono uomini dell'800: essi, infatti, hanno
espresso pienamente nel loro ambito culturale il '900, cos�
come Verdi e Manzoni sono stati l'800.
L'uomo del XX secolo ha dunque una sua caratterizzazione che lo
fa infinitamente diverso da quello del passato la sua
letteratura, musica, pittura, modo di far politica, pur nella
continuit� con ci� che � stato, hanno una fisionomia
inconfondibile. E nel campo teologico quest'uomo del '900 ha
taciuto? Esiste una teologia del '900?
Nel nostro secolo le chiese hanno riflettuto in un particolare
modo sull'oggetto di cui devono rendere testimonianza? Di fronte
a queste domande ci facciamo zitti e rischiamo di non saper
indicare forse neppure un protagonista della vicenda teologica
del nostro secolo. Eppure � esistita una teologia del XX
secolo, ed � stata una grande teologia che in Europa e nel
resto del mondo ha avuto vasta risonanza e che, anche in Italia,
dopo anni di totale indifferenza, comincia ad essere
conosciuta.
In questo contesto, la scuola italiana tarda ancora a
riconoscere al pensiero teologico contemporaneo il posto che
merita. Uno dei motivi di questo ritardo sicuramente deve essere
cercato nella mancanza di un autentico interesse per gli studi
biblici, mancanza dovuta, tra, le altre cose, alla "strana
alleanza" realizzatasi a partire dall'800 tra
tradizionalismo cattolico e liberalismo risorgimentale.
Questo fenomeno, comunque, non sta a noi ora approfondire in
questa sede. Un altro motivo lo possiamo individuare in una
determinata concezione della teologia assai diffusa tra noi.
Ancora in molti, oggi, ritengono che la teologia sia un
esercizio riservato agli intellettuali addetti ai lavori,
insomma una scienza specialistica che ben poco ha a che fare con
la vita concreta dei credenti e dei non credenti. Se la teologia
� effettivamente un interrogarsi sul sesso degli angeli noi
daremo ragione a chi la rifiuta con insofferenza. Ma la teologia
cristiana non � questo! E � un servizio essenziale che la
Chiesa (non i singoli specialisti!) deve rendere alla Parola di
Dio. Nella prospettiva cristiana la teologia � la riflessione
metodico-critica che la Chiesa compie sulla Parola di DIO di cui
deve rendere testimonianza. La Chiesa si chiede che cosa deve
predicare, come annunciare la Parola: la faticosa e contingente
risposta a questa domanda � la teologia. Se questo � vero ogni
credente, in quanto annunciatore, servitore della Parola divina,
� un teologo chiamato a testimoniare mediante il suo parlare la
Parola di DIO. Inoltre, proprio perch� questo lavoro non �
affare del singolo, ma della comunit� ecclesiale, ciascuno ha
il dovere di ascoltare anche la testimonianza degli altri. Nel
confronto poi, chi ha saputo dare voce a tutti, esprimendo con
chiarezza ci� che gli altri avvertivano ma in modo confuso,
senza trovare le parole giuste. Proprio questo ascolto
vicendevole, per la chiesa � la Communio Sanctorum? (1)
Ma ha senso oggi parlare d� Cristianesimo? di teologia? Il XX
secolo ha ancora interesse per Dio e per Cristo? Come si pu�
fare teologia, ed ancor di pi�, come si pu� concepire una fede
dopo la critica della religione e del Cristianesimo portata
avanti in vari, modi nell'800? Cosa rispondere alle accuse di
Marx sulla "religione-oppio-del-popolo" (2)? Che cosa
si pu� replicare a Nietzsche che grida "Dio � morto"
(3) e che lancia sul Cristianesimo l'accusa di essere la sintesi
del pi� terribile moralismo nemico della vitalit� dell'uomo?
(4)
Molti teologi del XX secolo a cominciare da K. Barth hanno
accettato questa critica, anzi l'hanno radicalizzata. ed hanno
indicato nel Cristianesimo o meglio nella Parola di Dio la crisi
e la fine della religione, intendendo quest'ultima come il
presuntuoso tentativo umano di conoscere Dio facendo cos� di
Dio stesso un oggetto in nostro potere.
La teologia del '900 ha nuovamente affermato l'assoluta
trascendenza di Dio e ha urlato con rinnovata forza lo scandalo
che � l'Evangelo della libera grazia di Dio per il inondo. Essa
ha fatto propria, radicalizzandola, la critica a quella versione
del Cristianesimo che ha progressivamente eliminato quanto di
scandaloso ci fosse nel messaggio evangelico per la mentalit� e
la pratica delle borghesie emergenti.
La teologia liberale dell'800, infatti, aveva tentato di ridurre
la Parola di Dio al cosiddetto "semplice vangelo" caro
ad Harnack (5), intendendo con ci� un annunci� di Dio e
insieme della "nobilt� dell'anima umana". In questo
contesto Ges� diventava un uomo pio come tanti altri, anche se
dotato di una religiosit� di particolare ricchezza e di una
nobilt� d'animo che si propone come modello. L'uomo nobilitato,
la cui anima ha un "valore infinito" � l'uomo che
pu� innalzarsi dalle costrizioni della vita quotidiana e
rifugiarsi nella sua pia interiorit� dove l'aspetta Dio.
Ebbene, K. Barth all'inizio del XX secolo ha fatto la scoperta
che solo "Dio � Dio", appunto, non un idolo creato
dagli uomini come immagine sublimata di se stessi: il Dio della
religione � irrimediabilmente morto, ed. � stato ucciso non da
Marx o da Nietzsche, ma dal DIO vivente manifestatosi in Ges�
Cristo.
I.
Umanizzazione del cristianesimo nell'et� della borghesia
1- La riduzione moralistica ed intimistica
dell'Evangelo nella teologia "liberale"
Come possiamo definire l'et� borghese? Qual � il
denominatore comune di tutte le sue manifestazioni? Per K. Barth
l'et� borghese � l'et� dell'assolutismo, intendendo con ci�
non tanto l'assolutismo politico, quanto il fatto che l'uomo
sperimenta se stesso come un assoluto. Assolutismo in generale
pu� significare un sistema di vita fondato sul presupposto
fideistico dell'onnipotenza delle possibilit� umane (1).
L'uomo borghese si sente un dominatore di tutto quello che sta
fuori di lui, sa insomma che il mondo esterno � in suo potere.
Dio � lasciato al suo posto solo a patto che giustifichi,
garantisca questa fede che l'uomo ha nella propria onnipotenza.
L'uomo che vive in questa dimensione � quello che crede di
avere in s� l'infinito, Dio stesso e che si percepisce come il
signore della propria vita. Nessun campo della cultura o in
generale della vita, pu� sottrarsi alla conquista dell'uomo
stesso, e tutto ci� che si oppone a questa riduzione �
condannato al non senso, alla non esistenza.
E il Cristianesimo, � esso umanizzabile e riducibile alla
misura dell'uomo borghese? Per procedere all'umanizzazione, alla
borghesizzazione del Cristianesimo bisognava attrarre Dio nel
cerchio della sovranit� umana riducendo la sua realt�
trascendente a realt� interiormente vissuta, esistente
nell'esperienza religiosa dell'uomo.
Accanto ad una scienza onnipotente, ad una morale, ad una
politica e ad un'arte fondate su se stesse, cio� sull'uomo, non
poteva mancare una religione autonoma, fondata sulla
spiritualit� dell'uomo stesso. Questa impresa ha caratterizzato
la teologia protestante ottocentesca e soprattutto l'opera del
suo pi� grande rappresentante: F. Schleiermacher.
Per prima cosa, e nel modo pi� immediatamente percepibile,
l'uomo borghese va alla carica del Cristianesimo con la
statualizzazione della Chiesa. Il Cristianesimo diventa cos�
uno strumento della sovranit� statale. Non pu� darsi, secondo
la logica borghese, un'organizzazione della vita che non
organizzi anche la vita religiosa: l'organismo statale, insomma,
deve aver potere su tutte le istanze che caratterizzano la vita
civile. Sicuramente pi� importante, per la nostra ricerca, �
il tentativo di umanizzazione della teologia e del Cristianesimo
che avviene attraverso la morale borghese.
La borghesia nascente scopre la pericolosit� e l'inutilit�
delle dispute teologiche, puramente teoriche, che, nei secoli
precedenti, hanno autorizzato vere e proprio guerre
interminabili tra i cristianissimi paesi europei. Contro le fedi
teoretiche del passato recente, la nuova classe emergente grida
oh. il cristianesimo non � principalmente una dottrina, ma
fatto pratico, vita, esistenza.
Insomma il borghese che � uomo fondamentalmente pratico chiede
al Cristianesimo di essere altrettanto. In questa logica il
Cristianesimo, per avere un senso, deve corrispondere ai bisogni
e alle speranze attuali. Se l'uomo del '700-'800 sente un
anelito di libert�, cos� pure il Cristianesimo deve essere la
proclamazione di questa libert�, se si desidera che la lotta
delle classi pi� deboli non sia lecita moralmente, cos� pure
il Cristianesimo deve ribadire la propria estraneit� ad ogni.
progetto di emancipazione sociale (2).
In questo modo il borghese realizza la canonizzazione del suo
agire senza scrupoli servendosi soprattutto del Cristianesimo
purgato da ogni problematica soteriologica ed escatologica.
Cos� il Cristianesimo diventa la morale borghese. Cos� le
omelie e i sermoni, chiamati alla concretezza avranno temi come
questi: "I doveri di una comunit� cristiana in un
incendio", oppure "Come dobbiamo comportarsi in modo
pio e prudente durante i temporali" e cos� via.
L'accento, insomma, non � pi� sull'opera salvifica di Dio, ma
nel migliore dei casi sul miglioramento della vita con essa
connesso. Lo sguardo non � rivolto umilmente a Dio che salva,
ma si ammira l'uomo salvato, e salvato gi� in partenza dal
momento che la religione interviene solo per evidenziare la
divinit�, la santit� che l'uomo possiede in quanto tale. Il
Cristianesimo � interpellato perch� dica SI', guai quando dice
NO. In questo caso esso dimostra di essere un oggetto antiquato
ed essenzialmente teorico.
Dunque, deve essere cambiato. aggiornato. modernizzato. L'uomo
� cos� diventato il giudice della Parola di Dio, eg1i � il
signore, l'arbitro. il canone della Rivelazione. Ma il
Cristianesimo cos� come viene testimoniato dalla Scrittura, mal
si presta ad una riduzione nei termini di una qualunque morale,
e tanto meno nei termini della morale borghese. Secondo Barth il
teologo liberale per saltare l'ostacolo dovr� individuare,
grazie a rigorose ricerche storico-critiche, un cosiddetto
autentico cristianesimo, in cui non siano presenti
contraddizioni o residui dogmatici insopportabili per la scienza
ed il buon senso borghese.
Si cerca cos� un cristianesimo naturale, ragionevole, che non
dia scandalo e che soprattutto non proclami l'assurdo scandalo
della croce. Cristianesimo naturale e ragionevole � quello in
cui si adora l'uomo divenuto il protagonista, il soggetto del
discorso teologico. In questa ottica, � ovvio che non ha pi�
senso una dottrina trinitaria, essa, infatti, mette l'accento
sull'agire di Dio, non su quello dell'uomo, e cos� per la
dottrina della Sola Gratia o per quella delle due nature di
Cristo: sembrano non aver pi� nessun valore per l'uomo moderno
proprio perch� in rapporto a ci� di cui egli ha bisogno, in
rapporto cio� alle sue esigenze religiose, esse non dicono
nulla, non sono abbastanza pratiche. Cristo, allora, non sar�
pi� l'uomo-Dio, ma il rabb� maestro di morale e la Chiesa non
sar� pi� la Sposa o il Corpo, ma una societ� di amici
religiosamente dotati. L'escatologia dovr� rifiutare la
"volgare" resurrezione della carne per diventare la
dottrina dell'immortalit� dell'anima.
Quanto fino ad ora s'� detto, sottende poi quel processo di
individualizzazione ed interiorizzazione del Cristianesimo che
ha caratterizzato la cultura occidentale dopo il tramonto della
coralit� medievale. L'uomo ora si riconosce come individuum per
il quale sussiste ed ha senso solo ci� che pu� essere
interiorizzato e questo vale, ovviamente, anche per i
fondamentali misteri del Cristianesimo. L'Incarnazione, per es.,
deve essere sottoposta ad un processo di interiorizzazione da
parte dell'individuo, il quale deve sentire, percepire questo
mistero come vero, accettabile, fecondo per la sua crescita e
per lo sviluppo del suo "io" religioso.
Allora si dir� che la nascita di Cristo � quella che avviene
nel nostro cuore, la sua morte salvifica sar� quella che noi
sperimentiamo crocifiggendo noi stessi; la sua resurrezione
sar� il nostro trionfo su noi stessi, l'essere diventati
padroni del nostro io. Cos� l'Evento salvifico del
Cristianesimo, ci� che � accaduto in e a Ges� Cristo diventa
un fatto , un accadimento, un'avventura della nostra pia
coscienza. In questo contesto � chiaro che l'unica autorit�
ammissibile � la voce interiore della coscienza, non la
Scrittura, non la Chiesa, neppure Dio a rigore.
In conclusione, al centro del Cristianesimo borghese troviamo
l'esperienza religiosa dell'uomo: ci� che � adorato,
contemplato, ci� che desta meraviglia � questa divinit� che
l'uomo si scopre addosso. Dio ormai � fuori gioco. Di fronte
all'umanizzazione di tutto il messaggio cristiano, Feuerbach e
Marx hanno solo esplicitato e smascherato l'ateismo latente
nella teologia del cristianesimo borghese (4).
Solo in malafede si poteva parlare ancora di Dio. L'unico
interesse, di fatto, era per l'uomo, divenuto, ormai, il
soggetto assoluto, di cui Cristo � uno dei tanti
predicati.
2- Il socialismo cristiano negli anni
'20
Abbiamo constatato l'infinita fiducia che il Cristianesimo
liberale ha nel progresso umano (4) ebbene tale ottimistica
visione � caratteristica anche del cosiddetto socialismo
religioso nato a fine '800, sviluppatosi nel primo ventennio del
secolo.
Possiamo distinguere almeno tre diverse proposte all'interno di
questo movimento; in esse, nonostante le differenze, si ritiene
decisiva per il Regno di Dio la causa socialista allora
nascente. La. prima proposta delle tre, la possiamo identificare
nell'opera di. H.Kutter. Questo autore identifica senza mezzi
termini l'essenza vivente del Cristianesimo nella lotta.
comunista. Dunque, in questa ottica, la sussistenza de
Cristianesimo � legata al socialismo non solo in via culturale
e transitoria, ma in modo essenziale e definitivo.
Queste drastiche affermazioni di Kutter poggiano sulla
convinzione che Dio parli o meglio si identifichi con ci� che
� vitalmente emergente. e all'inizio del '900, quando il nostro
autore scrive, ci� che appariva vitalmente emergente era il
proletariato organizzato. Su questa base Kutter arrivava ad
affermare che i proletari devono essere considerati gli eletti,
gli eredi dell'essenza cristiana, i realizzatori del disegno
divino. In questo contesto, l'urlo dei disperati diventa la
parola di Dio, del vero Dio, il Vivente. La seconda proposta che
vogliamo considerare � quella di L. Ragaz, il quale inverte il
rapporto tra socialismo e Cristianesimo quale � emerso in
Kutter: ora. infatti � il Cristianesimo a.i essere misura,
criterio di inveramento e fondamento del socialismo. In questa
prospettiva il criterio di validit� del socialismo � dato
dalla presenza in esso dell'essenza del messaggio cristiano,
identificata da Ragaz nella redenzione sociale dal peccato,
concepito come ricchezza, guerra, l'ingiustizia, etc. Si tratta
dunque di conferire al socialismo una fondazione religiosa
sostituendo ad una impostazione materialistica, scientista,
quella religioso-cristiana. La terza proposta che consideriamo,
pur essendo posteriore alle precedenti di qualche anno, ne
continua le linee fondamentali. Ci riferiamo all'opera di P.
Tillich (1886-1965). Tillich ritiene che il Cristianesimo non
possa vivere come pura parola di Dio proclamata, avendo esso
bisogno di una proiezione culturale e politica.. Questa
necessaria proiezione deve essere realizzata secondo la legge
dell'affinit�, si cerca cio� ci� che al momento si presenta
pi� affine allo spirito del Cristianesimo. Questa realt�
"affine" al Cristianesimo Tillich la identifica con il
socialismo.
Questa impostazione d� per scontata, come nella teologia
liberale, l'identificazione della sostanza del Cristianesimo con
la sua amabilit� morale. La religione dell'amore, appunto il
Cristianesimo trova nel socialismo la mediazione culturale
necessaria per comunicare con l'uomo di oggi. Solo in questo
modo si pu� evitare che il messaggio cristiano resti
un'astratta esigenza di moralit�.
Per concludere, nessuna delle tre proposte presentate risulta
autenticamente autonoma rispetto alla teologia liberale. La
prima pone un'immediata identificazione tra il Cristianesimo e
un qualunque messianesimo politico, la seconda finisce per
"battezzare" il socialismo gareggiando con altre
possibili fondazioni ideologiche di esso (quelle
materialistiche) la terza si risolve in un progetto culturale di
palese debolezza teorica, vista la difficolt� di individuare,
con criteri oggettivi, ci� che di volta in volta risulta pi�
affine al messaggio cristiano. In questi tentativi di "attualizzazione",
insomma, il Cristianesimo perde la sua dimensione "rivelativa"
per ridursi ad un progetto etico o socio-politico. (5)
3 - La prima guerra mondiale e la crisi della
moralit� e della religiosit� borghesi
La sera del 4 agosto 1914 A. v. Harnack tracciava il proclama
del Kaiser al suo popolo, e pochi giorni dopo aderiva assieme ad
almeno altri novantatre uomini di cultura al cosiddetto
Manifesto degli intellettuali.
Tra i teologi firmatari c'erano, oltre Harnack, anche W. Hermann,
F. Naumann, A. Schattler, E. Troeltsch. Agli occhi di giovani
studiosi e pastori come K. Barth questa adesione dei maggiori
maestri di teologia del tempo alla politica di guerra tedesca,
metteva in evidenza il fallimento del pensiero variamente
liberale del XIX secolo e la doppia faccia del progresso e della
"civilizzazione" borghese.
Di fronte alle speranze in un prossimo regno di pace e di amore
non ritenute pi� una "sterile utopia" per dirla con
Harnack ora stava un fatto concreto, una prova ultimativa della
storia: la guerra. La guerra per uomini come K. Barth signific�
la demistificazione di quell'etica cristiana e di quella vita
religiosa che sempre avevano trovato il modo di giustificare lo
sfruttamento economico, la prostituzione, la speculazione
immobiliare, l'alcoolismo, l'evasione fiscale e il militarismo
(6).
La guerra aveva messo in evidenza la facilit� con cui gli
apostoli della cultura, della civilizzazione e del progresso,
tutti cittadini pieni di zelo e cristiani devoti, fossero pronti
a distruggersi a vicenda in barba allo scandalo che tutto ci�
inevitabilmente avrebbe rappresentato per i cosiddetti
pagani" delle Indie e dell'Africa: "la religione e la
scienza si trasformavano cos� in cannoni spirituali. di
quarantadue centimetri" (7).
Ma non solo la teologia and� in rovina con la grande guerra,
infatti anche i socialisti della II Internazionale si
presentarono all'appuntamento con la storia in condizione di
disorientamento ideale e di divisione interna. Le divisioni e le
contrapposizioni ideologiche avevano indebolito, appunto, la
capacit� di resistere alle suggestioni nazionalistiche ed
imperialistiche.
A Basilea nel 1912 la solidariet� internazionale dei. partiti
socialisti era gi� seriamente incrinata, finch�, nel 1914 la
socialdemocrazia tedesca votando a favore dei crediti di guerra
decret� la fine del pacifismo socialista.. Insomma, il
liberalismo e il socialismo, con cui i teologi avevano
variamente identificato il Regno di Dio, subivano uno scacco
decisivo.
Dove era finita la voce interiore attraverso la quale l'uomo
borghese entrava in contatto diretto con Dio, di fronte al
dramma della guerra? Di cosa � stato capace quest'uomo pio,
questo raro animale religioso di fronte alla crescente corsa
agli armamenti che la sua stessa industrializzazione richiedeva?
E il pastore schierato con il proletariato poteva ancora
scorgere il Dio vivente nell'emergente movimento socialista? Si
poteva ancora predicare, parlare di Dio di fronte ad una
sconfitta cos� profonda del Cristianesimo ufficiale? A domande
come queste cerc� di rispondere, nel primo dopoguerra, K. Barth.
II.
La Rivoluzione teologica di Barth: il Roemerbrief
1- Premessa: una "notizia buona"
Ad un immediato approccio l'opera di K.Barth pu� apparire
come un semplice ma robusto ribadimento dell'Evangelo di Ges�
Cristo. Effettivamente Barth per tutta la sua vita e in tutta la
sua monumentale opera, non ha voluto far altro che esplicitare
questo lieto annuncio, offrendogli il servizio della sua sicura
ed efficace parola di uomo di fede. Anche le pi� originali
proposte del teologo di Basilea (per es. la sua interpretazione
dell'elezione divina) da lui stesso sono state presentate come
un semplice corollario dell'Evangelo, non costruzioni erette
sulla Parola, ma la Parola stessa che spiega se medesima nella
predicazione della Chiesa.
Lo sforzo di Barth in definitiva si presenta come una riscoperta
dell'Oggetto della predicazione ecclesiale come una
"notizia", una "novit�" imprevedibile,
sconcertante, distruggitrice dei nostri luoghi comuni religiosi:
la morte de nostro uomo vecchio; ma non basta, la notizia ci
informa su qualcosa di "buono", � una "buona
novella." per la quale l'uomo non pu� che esultare e
gioire. In essa infatti, Dio si � rivelato come Colui che �
fedele a se stesso, alla sua decisione d� essere il nostro Dio
per tutta l'eternit�. Animato da questa "scoperta",
il giovane parroco di Safenwil, paese di montagna con meno di
1500 abitanti, si fa protagonista di una svolta radicale nella
teologia, contrapponendosi alle varie soluzioni del
Cristianesimo liberale o socialista, il cui scacco era stato
reso evidente dagli eventi drammatici della prima guerra
mondiale.
IL SIGNORE HA PARLATO! Questo � il punto di partenza di Barth,
E dopo che Dio si � compiaciuto di parlare ogni teologia come
discorso umano su Dio pu� essere solo un ripetere balbettando
ed un imitare lettera per lettera la Parola di Dio. Il teologo
non pu� ricavare la verit� di Dio dal mondo o dalla coscienza
pia dell'uomo, ma pu� solo stare all'ascolto della Parola di
Dio e spiegarla.
Quando Barth cominci� a divulgare la nuova impostazione con
conferenze e dibattiti, alcuni uditori affermavano di aver
ascoltato qualcosa di "favolosamente nuovo" per loro,
una "cosa incognita", insomma, "le cose che
nessun occhio ha mai visto, e che orecchio non ha mai udito, e
che non sono salite al cuore di nessun uomo" (1 COR. 2,9)
nuovamente venivano proclamate, liberate da quella patina di
abitudine di cui l'aveva coperte una certa Ortodossia, e dalle
riduzioni di comodo con cui l'uomo dell'800 si era fatto un
Vangelo a sua immagine e somiglianza.
2- Il Roemerbrief del 1922
a- L'infinita differenza qualitativa.
L'opera teologica pi� importante del '900, lo scritto che ha
sancito la nascita della teologia contemporanea � indubbiamente
il Roemerbrief (Commentario all'Epistola ai Romani) (1) del
Barth.
Con tale commentario teologico, la riscoperta della divinit� di
Dio fu gettata nel mare stagnante della teologia liberale
provocando un maremoto che tuttora determina il panorama della
teologia evangelica e cattolica. Barth affronta il testo di
Paolo con un'unica premessa: che "Dio � Dio" mentre
l'uomo No!
La teologia del '700 e dell'800 ha dimenticato proprio questo, e
al posto centrale che spetta solo a Dio e alla sua Rivelazione
ha intronizzato l'uomo e la sua fede, la sua piet�, la sua
religione, la sua cultura, il suo spirito, il suo sentimento.
Barth combatte per restituire a Dio la sua divinit� la sua
identit� di Totalmente Altro, fra Lui e l'uomo fra l'Eternit�
e il Tempo sussiste una "infinita differenza
qualitativa": Dio � nel cielo, l'uomo � sulla terra, tra
noi e Lui c'� un "crepaccio", una "zona
polare".
La separazione, la distanza, l'infinita differenza qualitativa
sono l'unica relazione tra Dio e uomo (2).
Rivelandosi Dio ci dice proprio questo, mette in chiaro la
distanza infinita che c'� tra noi e Lui, tra la meschinit�
degli dei falsi che soprattutto gli uomini pii si sono costruiti
e la sua maest� di Signore Creatore e Redentore. Il Dio della
teologia liberale impersonava quanto di vero, buono, bello c'era
nel mondo, il Bene pi� alto che l'uomo riusciva a concepire, il
Dio della Rivelazione, invece, � colui che "ha in mano il
ventilabro e netter� interamente la sua aia" (Mt. 3,12),
� la crisi, la fine, la morte del mondo vecchio.
L'uomo con tutto ci� che �, che ha e di cui � capace, con il
male ma anche con il bene che c'� in lui, con la sua ricchezza
e con sua povert�, con la sua fede e con la sua miscredenza �
sotto il giudizio di Dio, il quale "entra nel mondo come un
muro di fuoco che toglie ogni vista". Egli � l'Iddio
sconosciuto, che l'uomo non solo non adora e riconosce, ma
neppure cerca. Leggiamo quanto dice Barth stesso nel seguente
densissimo brano: "Quando parliamo di Dio nel senso della
fede cristiana, colui che in essa � chiamato Dio non va affatto
inteso come una prosecuzione, un ampliamento dei concetti e
delle idee che di Dio suole farsi il pensiero religioso in
generale.
Dio secondo la fede cristiana, non � da allineare nella serie
delle divinit�, Non lo si trova nel pantheon dell'umana piet�
e della fantasia religiosa. Non � dunque vero che nell'umanit�
esista qualcosa come una comune disposizione naturale, come un
concetto universale del divino, che in qualche determinato punto
dimostri di contenere in s� anche ci� a cui noi cristiani
diamo il nome di Dio e in cui professiamo d'aver fede, quasi oh.
la fede cristiana alti non sia se non una tra le tante , un caso
speciale rientrante in una regola generale...
Quando noi cristiani parliamo di Dio", possiamo e dobbiamo
renderci conto che questa parola fin da principio indica una
dissimiglianza assoluta, una radicale liberazione da tutto quel
mondo della ricerca, delle supposizioni, delle elucubrazioni,
del poetare e dello speculare dell'uomo, Non � quindi il caso
di dire che sulla lunga strada delle umane aspirazioni della
ricerca del divino si sia raggiunta alfine una certa stazione
rappresentata appunto dalla professione di fede cristiana. Il
Dio del credo cristiano, a differenza di tutti gli dei, non �
stato ritrovato, escogitato, non � un Dio scoperto finalmente
per ultimo dall'uomo; non � il compimento, magari l'estremo, il
pi� alto e migliore, di quanto l'uomo era, comunque, alla
ricerca e gi� sul punto di trovare.
Al contrario, � colui il quale in maniera assoluta prende il
posto di tutto ci� che altrimenti si � soliti chiamare Dio, e
quindi tutto elimina ed esclude, valendo il suo diritto ad
essere la sola verit� e se non si capisce ci�, non si potr�
intendere nemmeno che cosa la Chiesa cristiana voglia dire
quando professa: io credo in Dio, Si tratta qui dell'incontro
dell'uomo con quella realt� che l'uomo stesso non ha
assolutamente mai, di propria iniziativa non dico trovata, ma
neppure cercata...
Dio nel senso della professione di fede cristiana, � ed esiste
in modo assai diverso da ci� che negli altri casi si chiama il
divino. Cos� anche la sua natura, la sua essenza � diversa
dalla natura e dall'essenza di tutte le false divinit�.
Riassumiamo quanto abbiamo da dire nel senso della professione
di fede cristiana con le parole: DIO NELL'ALTO DEI CIELI"
(3).
b- Ges� Cristo
L'infinita differenza qualitativa fra Dio e uomo Barth la
viene a conoscere nell'unica e irripetibile Rivelazione di Dio
in Ges� Cristo. In Cristo il piano della realt� umana a noi
nota � intersecato perpendicolarmente dall'alto, dal piano del
tutto diverso e ignoto della realt� divina. "Ges� Cristo
nostro Signore" � il punto di intersezione dove Dio si d�
a vedere restando nel nascondimento, si d� a vedere cio� nella
fede. Questa intersezione,in cui si annunzia la presenza del
piano sconosciuto, non ha alcuna espansione sul piano a noi
conosciuto.
L'incontro tra mondo dello Spirito e mondo della carne non crea
zone sacre, luoghi celesti nel mondo o nell'interiorit�
dell'uomo (4).
Il Ges� storico "nato dalla stirpe di Davide secondo la
carne" in quanto e stato "costituito Figlio di Dio con
potenza secondo lo Spirito Santo mediante la resurrezione dei
morti" (Rom. 1,3-4), cio� proprio in virt� di questa
azione verticalmente compiuta da Dio su di lui, � la
rivelazione del mondo del Padre del quale noi, all'interno
dell'intuizione storica non sappiamo e non sapremo mai nulla.
Proprio nella resurrezione di Ges� "il nuovo mondo dello
Spirito Santo viene in contatto col vecchio mondo della carne.
Ma esso lo tocca come la tangente tocca il cerchio, senza
toccarlo, e appunto in quanto non lo tocca, lo tocca come sua
limitazione, come mondo nuovo"(5).
Toccando il mondo in Ges� Cristo, Dio pone fine al mondo
vecchio della carne e crea un mondo nuovo. L'immagine della
tangente che "tocca e non tocca" indica che l'uomo non
pu� impadronirsi della salvezza e quindi di Dio: sappiamo sole
che c'� un punto in cui il mondo nuovo si fa presente, il
Crocifisso Risorto, e la fede lo afferma come reale, ma appunto
la fede! non la storia o la ragione o i sensi, e la fede �
"certezza di cose che si sperano e prova di cose che non
si. vedono" (Ebr.11,1). Il farsi storia di Dio � la fine
della storia, e gli anni 1-30 sono, paradossalmente, il tempo
della rivelazione della fine del tempo.
Guardando a Cristo, unico punto di intersezione, noi scopriamo
il NO di Dio, il suo giudizio, la sua riprovazione, la sua ira
verso il peccato e dunque la Passione, la Croce. Ma il NO! � un
NO dialettico, � posto cio� insieme al SI', anzi dopo di esso,
come l'ombra segue alla luce. Cos� se guardiamo in quel punto
in modo pi� approfondito, scopriremo che il NO! dipendeva dal
SI', che il verdetto del giudizio � stato di assoluzione
immeritata, che il peccato � stato distrutto ma il peccatore �
stato graziato, che il riprovato � stato eletto per
l'eternit�, che alla Croce � seguita la Resurrezione:
"Non possiamo pi� udire il NO sotto il quale siamo, se non
come proveniente dal SI' divino, la voce dell'empiet� e
dell'insubordinazione umana se non come sostenuta dalla voce
pi� profonda della remissione divina, il grido della
ostinazione umana altrimenti che dominato dalla tranquilla
armonia del divino. "Nonostante!' Non pi� altrimenti?
Certo se crediamo quello che � rivelato non possiamo pi�
altrimenti.
In quanto crediamo, vediamo l'uomo soppresso da Dio, ma appunto
per questo elevato presso Dio" (6).
c- La fede
La fede, in questo contesto, non pu� rappresentare nessuna
presa di posizione da parte dell'uomo, essa stessa anzi �
sempre velata dalla inconoscibilit�, non � mai dunque un
possedimento dell'uomo. Se ci� � vero, "la fede cristiana
� il rispetto di fronte all'incognito divino � l'amore verso
Dio consapevole della differenza qualitativa. che sussiste tra
Dio e l'uomo", dl conseguenza con essa va in crisi
irrimediabilmente ogni "titanismo idealistico", come
ogni umanesimo pi� o meno sentimentale spesse volte
identificato con l'essenza della Rivelazione cristiana.
La fede non pu� dunque, per nessuna ragione, essere
identificata, con una realt� umana, anche se la pi� elevata e
la pi� spirituale come la morale o la cultura. Il contributo
del cristiano alla cultura e alla morale non consiste in
un'azione di conferma e di consolidamento, quanto piuttosto in
un movimento di protesta e di continua verifica. La fede,
insomma, non � una possibilit� umana accanto a tutte le altre
possibilit� umane non � il gradino pi� alto e pi� sublime di
ci� che l'uomo pu�, ovvero la sua massima realizzazione, ma �
l'azione "il Dio che uccide l'uomo vecchio e dal nulla crea
l'uomo nuovo. Dio agisce sempre senza alcun presupposto, la
redenzione stessa � una "creatio ex nihilo" non l'esplicitazione
di una virt� umana che l'uomo ha dimenticato e che Dio deve
solo riattivare.
La contestazione della fede non risparmia neppure l'agire
politico dell'uomo. I progetti di conservazione dell'esistente,
come quelli di rivoluzione per la realizzazione di un paradiso
in terra, sono smascherati nella Rivelazione come tentativi
compiuti dall'uomo per convincersi di essere il signore della
propria vita, ovvero Dio stesso giudice del bene e del
male.
Su questi due progetti dunque, si scaglia con uguale forza l'ira
di Dio, il suo terribile NO. Secondo Barth, infatti, la vera
rivoluzione viene da Dio e non dall'atteggiamento di ribellione
dell'uomo". Il credente, cio� l'uomo che Dio ha mandato in
crisi, sa che il mondo � totalmente orfano, senza zone sante in
cui rifugiarsi, egli, dunque vive nel mondo consapevole che il
mondo � gi� finito. Il servizio che deve compiere � quello di
gestire le cose mondane senza assolutizzazioni e feticizzazioni.
Il credente sa che il mondo � stato vinto, conosce la
relativit� di tutti gli eventi umani e non ne fa quindi degli
idoli. Egli � il laico per eccellenza in quanto conosce
l'inconsistenza di ogni beatificazione del mondo, e l'ipocrisia
degli atteggiamenti "religiosi".
Ma in quanto tale il credente � l'uomo veramente libero, anzi
liberato, egli non "ci rimane male" di fronte alle
rivoluzioni che diventano restaurazioni, perch� sa che l'unico
rivoluzionario � Dio che la unica rivoluzione porta il nome di
Ges� Cristo.
d- La critica della religione
Il giudizio di Dio non risparmia nessuna possibilit� umana
neppure la religione, anzi su questa esso si fa pi� evidente
nella sua statura terribile e annientante. Barth non usa mezzi
termini, per lui la fede cristiana � la sentenza di morte
emessa da Dio su ogni religione e morale umana. La religione �
l'ebbra eliminazione delle distanze tra Dio e uomo, � "la
divinizzazione dell'uomo e l'umanizzazione di Dio". Essa �
la rivolta schiavesca dell'uomo' che vuole essere come Dio e
che, operando religiosamente, "confonde il tempo con
l'eternit� e l'eternit� con il tempo".
L'uomo religioso � "la specie pi� ostinata del genere
umano", il "peccatore nel senso pi� evidente della
parola". Tutto quanto va sotto il nome di religione �
separato dalla fame, dal bisogno di riposo e dalla sessualit�
solo per diversit� di grado. Dunque ogni realt� umana dagli
esercizi spirituali in un convento di Benedettini, fino al
circolo ideologico della casa del popolo socialista non � altro
che il gradino di un'unica scala che non porta a Dio, ma so1o
all'uomo, dal momento che non esiste nessuna via che conduce
dall'uomo a Dio, ma soltanto una via per la quale Dio ha scelto
di avvicinarsi all'uomo: Ges� Cristo crocifisso e
risorto.
La valutazione barthiana della religione esplode soprattutto nel
commento ad alcuni passi del cap. VII della lettera paolina.
Barth identifica in Eva la prima "personalit�
religiosa" che colloquiando col serpente intorno a Dio,
discutendo sul Suo comandamento, sulla Sua Parola, rompe
l'immediatezza del rapporto uomo-Dio, la loro unit� originaria,
proprio perch� si pone a distanza da Dio, studiando quello che
ormai � diventato il "fenomeno" della divinit�. Da
questo pio sforzo finalizzato alla conquista della conoscenza
del bene e del male, al possesso della propria vita, ne viene
invece all'uomo la percezione della propria "nudit�",
cio� della propria debolezza, povert�, e in definitiva della
morte.
e- La Chiesa
La critica alla religione come culmine del peccato
dell'uomo, coinvolge tutte le religioni, compresa quella che
pretende di essere la "vera" religione: il
Cristianesimo e, con esso, la Chiesa. Quest'ultima altro non �
che il luogo dove al di qua del crepaccio che ci separa da Dio,
la Rivelazione � ritenuta qualcosa di acquisito di comune, di
evidente. La Chiesa � religione organizzata, organizzazione per
il mantenimento degli interessi che l'uomo crede di avere di
diritto nei confronti di Dio. In quanto tale la Chiesa si data
da fare "pi� per l'assopimento che per il ravvivamento del
problema di Dio". Essa dunque nella sua pi� profonda
essenza � atea.
L'Evangelo di Ges� Cristo � la soppressione della Chiesa, in
quanto � lo smascheramento della sua pretesa. Ma colui che
predica il Vangelo non sta "accanto" alla Chiesa in un
atteggiamento di incomprensione ostile, non giudica, insomma la
Chiesa in quanto sa che cos� facendo egli si porrebbe al posto
di Dio avanzando una pretesa ancor pi� clericale e
"religiosa". Colui che Dio "si � messo da
parte" per la predicazione del Vangelo, non si crede fuori
della possibilit� religioso-ecclesiastica, ma porta
quest'ultima come croce, condividendo proprio l'impossibilit� e
il fallimento.
La Chiesa come "tugurio di Dio in mezzo agli uomini"
� l'inevitabile forza storica, il condotto e la canalizzazione
attraverso cui si manifesta l'agire stesso di Dio nei confronti
degli uomini, anche se questo agire divino non si fa mai
catturare in essa. Perci� il cristiano rimarr� nella Chiesa
come uno che � consapevole dell'infinito contrasto esistente
tra Vangelo e Chiesa, e insieme � cosciente della vittoria di
Dio che ha fatto nuova ogni cosa, anche se ora tutto questo, in
attesa della parusia del Signore, lo vediamo deformato
"come in uno specchio".
Nonostante la sua colpa, insomma, la Chiesa ha una speranza che
nessuno le pu� togliere la Santit� di Dio che ha gi� parlato,
ha gi� perdonato, ha gi� fatto nuova ogni cosa! Questo �
saputo nella Chiesa, e solo per questo (non per se stessa) essa
pu� intonare l'Exultet.
Conclusioni
Abbiamo detto in apertura che il Roemerbrief ebbe l'effetto di
un maremoto e, in conclusione, non possiamo che ripeterlo,
aggiungendo che pure tutta l'opera successiva del Barth � stata
ugualmente esplosiva nel sintetizzare tutto il messaggio
cristiano nella formula programmatica "Solus Christus".
Cristo � il primo e l'ultimo, l'alfa o l'omega, la fine del
mondo vecchio e la nascita di quello nuovo. Egli � la nostra
pace, ma � anche colui che viene a portare la spada, � la pace
che � turbamento e il turbamento che � pace, e "Beato
colui che non trover� motivo di scandalo in me" (Mt.
11,6).
III. Barth:
"Solus Christus"
1- Opposizione teologica al nazismo: La
Confessione di Barmen
L'opera di Barth negli anni successivi al '22 guadagn� un
numero sempre crescente di aderenti nelle Chiese e facolt�
teologiche del mondo protestante, come pure suscit� simpatia di
una buona parte del mondo cattolico. Essa per� non avrebbe
conseguito un effetto cos� sorprendente se non fosse venuta nel
1933 per la teologia e per tutta la Chiesa l'ora della sfida e
la necessit� non pi� rinviabile di una esplicita confessione
di fede nell'unico Signore.
Il tema della teologia barthiana, quale era stato espresso in
una prima formulazione nel Roemerbrief, divenne allora
inaspettatamente attuale. Nel 1933, infatti, Hitler, da poco
salito al potere, con l'aiuto di un movimento ecclesiale
filonazista: i cristiano-tedeschi, proponeva la propria persona
e 1a propria opera come una nuova rivelazione di Dio in
Germania. In questa ottica la Chiesa era tollerata solo se
"dimostrava di essere la Chiesa del popolo tedesco",
aiutando quest'ultimo "a riconoscere e a compiere la
missione che Dio gli ha affidato" e tale era anche lo scopo
che il nuovo governo tedesco dichiarava di perseguire.
Per i "cristiani tedeschi" la grandezza dello stato
nazionalsocialista non era soltanto una questione di convinzione
politica, ma anche oggetto di fede, di conseguenza essi
esigevano una Chiesa che condividesse i loro punti di vista su
tale questione. In avvenire, essi dicevano, l'Evangelo deve
essere annunziato come "Evangelo del III Reich".
La confessione di fede non veniva modificata, ma ampliata in
direzione di una nuova definizione della Chiesa come "la
Chiesa dei cristiano tedeschi, cio� dei cristiani di razza
ariana". I pi� estremisti si spingevano a chiedere
l'interdizione del culto a tutti i cristiani che non
appartenevano alla razza ariana, e la "degiudaizzazione"
del Vangelo e della Chiesa. Addirittura si chiedeva la
soppressione dell'Antico testamento "con le sue storie di
mercanti, di bestiame e di ruffiani", la revisione del
nuovo, affinch� l'insegnamento di Ges� "corrisponda
interamente alle esigenze del nazionalsocialismo". E
ancora: "Ci ripugna prendere una cravatta da un ebreo, a
maggior ragione avremmo vergogna di attingere da un ebreo le
nostre convinzioni religiose vitali". Insomma si chiedeva
"un Popolo, un Reich, una Fede", e soprattutto si
esigeva che si smettesse di parlare di un Cristo umile e
fiaccato, cominciando a presentarlo come una figura gloriosa
simile agli dei nordici.
Cosa doveva replicare la Chiesa di Ges� Cristo a queste
terribili pretese? Ci� che era in ballo era la sua esistenza, e
se non questa il suo senso. Essa doveva resistere, ma resistere
da Chiesa additando non solo - i soprusi, le violenze, il
totalitarismo, il razzismo, ma anche e soprattutto la bestemmia
e l'eresia. In altre parole, l'opposizione da parte della
Chiesa, senza trascurare le motivazioni propriamente
politico-sociali ed umanitarie, doveva essere in primo luogo una
"opposizione teologica" in cui si rivendicava la
Signoria solo per Dio, contestando le false ed oppressive
signorie umane.
La Chiesa, dunque, in primo luogo, contesta e lotta confessando
la sua fede nell'unico Signore: il Crocifisso umiliato dagli
uomini e glorificato da Dio. In questo contesto Barth con la
pubblicazione dei quaderni intitolati "Esistenza teologica
oggi", incitava la Chiesa a diventare Chiesa confessante,
cio� chiesa che di fronte alle pretese dirette o indirette
dello stato vuole rimanere fedele alla propria essenza e
affermare la propria esistenza. Essa deve mettere in chiaro che
� chiamata ad annunciare l'Evangelo in tutti i regni della
terra e quindi anche nel III Reich, ma non sotto di esso e
nemmeno nel suo spirito. La confessione di fede della Chiesa
deve avvenire secondo la Sacra Scrittura, mai secondo le
affermazioni di una concezione politica o d'altro genere diffuse
in una determinata epoca.
La comunit� cristiana, dunque, � determinata non dal sangue,
dalla razza, ma esclusivamente dallo Spirito Santo e dal
battesimo. Se la chiesa evangelica tedesca in quella circostanza
avesse escluso i cristiani di origine ebraica avrebbe cessato di
essere una Chiesa cristiana. In queste argomentazioni � facile
riconoscere il tema barthiano dell'unica rivelazione di Dio in
Ges� Cristo. Una signoria diversa da quella di Cristo,
un'autorit� diversa da quella della Sacra Scrittura sta a
significare che l'Evangelo non � pi� libero e perci� non �
pi� l'Evangelo, non c'� posto per un "et...et", ma
solo per un "aut-aut".
Nella situazione della Germania nazista la Chiesa sembrava non
sapere pi� cos'� la libert� dell'Evangelo, perch� da tempo
non sapeva pi� cosa significasse avere un Signore.
L'impostazione teologica barthiana contestando proprio la
pretesa di autodivinazione di Hitler, diventer� uno dei
maggiori nemici del III Reich. La teologia di Barth, nella sua
purezza di teologia della parola, acquistava una valenza
politica inaspettata sintetizzata nella seguente espressione
barthiana: "La verit� della frase "Dio � uno sar�
dimostrata dallo sfasciamento del III Reich di Hitler". Ma
questa valenza politica altro non era che un risultato della
condanna barthiana dell'eresia dei cristiani hitleriani, il cui
errore consisteva appunto, nel confessare accanto alla Sacra
Scrittura, unica fonte di rivelazione, il popolo tedesco, la sua
storia e il suo presente politico come seconda fonte di
rivelazione.
Alla confessione esplicita della verit� cristiana si arriv�
nel 1934 al Sinodo di Barmen della Chiesa Confessante, con le
famose sei tesi redatte dal Barth stesso. Confermando la sua
fede, una parte della Chiesa evangelica tedesca si distingueva
dalla maggioranza filonazista e riconosceva l'autorit� unica di
Cristo sulla Chiesa respingendo l'autorit� ecclesiastica
imposta dal III Reich, e rifiutando di confessare come Parola di
Dio qualunque evento diverso da Ges� Cristo, Logos di Dio
testimoniatoci dalla S. Scrittura.
Il primo articolo della confessione ci mostra quanto fosse
vicino lo spirito de Chiesa confessante a quello del progetto
cristocentrico che Barth stava realizzando nella sua opera
teologica: " 'Io sono la via, la verit� e la vita; nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me' (Gv. 14,6). 'In verit�,
in verit� vi dico: chi non entra nella stalla delle pecore per
la porta, ma da qualche altra parte, quello � un ladro e un
assassino.. Io sono la porta chi entra attraverso di me, sar�
salvo' (Gv, 10, l-9). Ges� cristo cos� come ci viene attestato
nella S. Scrittura, � l'unica parola di Dio. Ad essa dobbiamo
prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e ad essa dobbiamo
obbedire in vita e in morte. Respingiamo la falsa dottrina,
secondo cui la Chiesa, al fianco al d� l� di quest'unica
paro1a, potrebbe e dovrebbe usare come base della propria
predicazione anche altri eventi e forze, figure e verit�,
riconoscendo loro il carattere di rivelazione di Dio."
(2)
Il momento storico non lasciava spazio ad incertezze: o Cristo o
Hitler, il Cristianesimo o il germanesimo, la libera grazia di
Dio o una nuova legge del sangue e della razza.
2- La Grande Dogmatica Ecclesiale
(3)
a- Cristocentrismo
Nell'atmosfera che sin qui abbiamo descritto Barth partorisce la
monumentale Dogmatica ecclesiale. Incompiuta come la Summa di
Tommaso d'Aquino, essa raggiunge quasi le diecimila pagine e
costituisce un punto di riferimento per ogni riflessione
teologica presente e futura. In quest'opera Barth radicalizza la
sua esclusione di ogni teologia naturale e dell'interiorit�,
negando alla religiosit� e alla filosofia il diritto di
presentarsi come "preamboli" dell'Evangelo. Anche gli
strumenti teorici desunti dalla filosofia esistenziale
kierkegaardiana e dalla dialettica hegeliana, utilizzati nel
Roemerbrief, sono abbandonati. Ora si vuole veramente parlare
della parola solo con la Parola, di Dio, dell'uomo, del mondo
solo in base alla rivelazione di Dio stesso. Ma la Parola di Dio
� Ges� Cristo e sar� da Lui che la Chiesa dovr� imparare
ogni cosa. L'intera teologia dovr� continuamente essere
orientata in direzione cristologica. La persona e l'opera di
Cristo, insomma, costituiscono l'unico criterio teologico. Non
esiste dunque nessun tema teologico indipendente dalla
cristologia: quest'ultima determina non solo la dottrina della
salvezza, ma anche quelle della creazione, dell'uomo,
dell'elezione, della Chiesa e degli ultimi avvenimenti.
Partendo da queste premesse Barth pone all'inizio e alla fine di
ogni sua considerazione Cristo. Tale universalismo cristologico
implica il primato, nella teologia cristiana, del tema del
libero amore di Dio e della grazia. Barth sottolinea cos�
l'assoluta priorit� della grazia di Dio, essa ed essa sola,
infatti, "d� la possibilit� di pensare cristianamente in
ogni caso e rende possibile una conoscenza cristiana di Dio e
dell'uomo". Ogni tema della rivelazione cristiana lungi dal
costituire qualcosa di autonomo, andr� riletto nell'ottica
dell'Evento Ges� Cristo in cui la libera grazia di Dio si �
manifestata. La creazione, per esempio, non deve essere spiegata
come avvenimento a s� stante, ma vuole essere osservata sin
dall'inizio partendo dalla grazia di Dio in Ges� Cristo, il
quale sin dall'eternit� � presso il Padre. Per Barth, allora,
il mondo � creato e portato dal bambino nato a Betlemme,
dall'uomo morto sul Golgota e risuscitato il terzo giorno";
tutta la creazione � cos� abbinata alla grazia, e tutta la
storia � una via che sta sotto il segno dell'uomo Ges� Cristo.
Barth in questo modo capovolge il tradizionale rapporto in cui
venivano poste creazione e redenzione, natura e grazia. La
redenzione per il teologo di Basilea � la prima cosa stabilita
nel piano di Dio, la creazione � la seconda. Certo nel tempo
della realt� creata l'atto del creare precede la redenzione, ma
nel pensiero di Dio la creazione segue la redenzione come
creazione dello spazio necessario alla storia dell'alleanza tra
Dio e l'uomo.
Cos� la grazia non � qualcosa che Dio ha pensato
"dopo" la creazione, non � la reazione di Dio di
fronte al peccato, essa piuttosto � l'espressione dell'eterno
disegno di salvezza divino, � lo scopo della creazione stessa.
Dio non crea il mondo e l'uomo per donare loro solo in seguito
la salvezza, ma al contrario: poich� Dio prima di tutti i
tempi, nella libert� del suo amore, ha deciso di far uso della
grazia, solo per questo Egli crea, mantiene e regge l'uomo e il
mondo. La creazione, la natura, la storia acquistano il loro
valore e senso dalla rivelazione e dalla redenzione. Tutto
dunque deve essere spiegato a partire dalla grazia e quindi da
Cristo. Anche la verit� sull'uomo dovr� essere scoperta nel
vero uomo Ges� Cristo. La riflessione cristiana sull'uomo non
dovr� allora partire da un concetto generale dell'umanit�, dal
fatto concreto "che nel mezzo degli uomini uno � l'uomo
Ges�. Ci� significa che ogni uomo � in s� prossimo di Ges�.
Sta dunque nell'essenza umana il fatto che l'uomo ha in Ges� il
suo vicino, compagno e fratello. L'uomo pu� non saperlo, o
sapendolo non credere e protestare, ma nonostante i suoi sforzi
"non pu� liberarsi da questo vicino". In questa
ottica l'ateismo non � una possibilit� umana, ma ci� che
risulta veramente impossibile per l'uomo. Se l'uomo tenta di
fuggire da Dio, Dio non si distacca da lui: dall'eternit� Egli
ha preso una decisione irrevocabile, quella di legare la sua
"sorte" alla nostra.
b) L'elezione di grazia di Dio
"Perch� rimanesse fermo il disegno divino fondato
sull'elezione, non in base alle opere, ma alla volont� di colui
che chiama - le fu dichiarato: il maggiore sar� sottomesso al
minore, come sta scritto: ho amato Giacobbe e ho odiato
Esa�" (Rm. 9, 11-13) "Dio quindi usa misericordia con
chi vuole e indurisce chi vuole" (Rm. 9, 18).
Questi bassi biblici ci richiamano alla mente la cosiddetta
predestinazione, secondo la quale, al di l� del bene e del
male, a Dio � piaciuto sin dall'eternit� destinare alcuni alla
beatitudine eterna, altri all'eterna dannazione. A questa
lettura fatta propria, in tempi diversi e con diverse sfumature,
da uomini come Agostino e Calvino Barth pone la parola fine:
difendere la libert� della volont� divina non deve significare
un'accettazione di questa cattiva novella.
La dottrina dell'elezione da mistero pauroso, in Barth diventa
"l'Evangelo in nuce, la buona notizia stessa proclamata in
modo radicale. Barth respinge la "simmetria
architettonica" di elezione ed esclusione, per lui la
predestinazione non � oscurit� e paura, ma luce e gioia, essa
�"l'annuncio buono, ottimo assolutamente salvifico".
Predestinazione nella grande Dogmatica equivale dunque a
"elezione di grazia di Dio". Dio � libero, ma �
libero per amare, perci� come ogni Sua azione, a partire dalla
creazione, � espressione della sua grazia, cos� pure e in
primo luogo, lo � l'elezione. L'espressione "elezione di
grazia" vuol significare proprio che all'inizio di ogni
azione divina nei confronti della sua creatura sta
l'affermazione primitiva che Dio � "clemente e non
inclemente".
La totale revisione del dogma calvinista della doppia
predestinazione muove proprio dalla concentrazione cristologica
di cui prima si � parlato. Barth esordisce affermando che
"all'inizio presso Dio vi era questo uno, Ges� Cristo, non
potr� allora esistere sin dall'inizio una volont� di Dio
diversa da quella di Ges� Cristo. La dottrina della
predestinazione � tutta qui. Di conseguenza se vogliamo sapere
cosa sia elezione cosa sia essere eletti da Dio dobbiamo
rivolgerci senza esitazione e senza perdere altro tempo al nome
di Ges� Cristo. Quest'ultimo � a un tempo soggetto e oggetto
dell'elezione divina, in Lui c'� Dio che elegge e lo uomo
eletto. In Cristo, insomma, Dio ha scelto se stesso in figura
umana. In Ges� Cristo diventa visibile chi e che cosa � un
escluso: avendo Dio preso su d� s� tutte le conseguenze
dell'agire umano fino alla morte, Dio "ha riservato
all'uomo l'elezione e a se stesso l'esclusione, la condanna a
morte. Poich� Dio stesso ha voluto riservarsi l'esclusione essa
ormai non riguarda pi� l'uomo. L'unico uomo veramente escluso
� il vero figlio di Dio. Il NO! di Dio per volont� di Dio �
ricaduto su Dio stesso. Fede nella predestinazione, dunque, �
fede nella non esclusione dell'uomo. Questo, e non un altro, �
l'Evangelo della libera grazia di Dio. Dopo che Ges� ha preso
su di s� l'esclusione, gli uomini con tutti i loro sforzi non
possono raggiungere mai la sorte dell'escluso, verso cui nella
loro pazzia tendono le mani. Chi non crede alla grazia di Dio �
con uno che non vuol riconoscere i fatti. L'accusa di "apocastasi"
non fa retrocedere Barth, per lui la Chiesa non deve definire
quantitativamente l'elezione di grazia, ma deve solo predicarla,
essa non ha il diritto di porre una qualche limitazione
all'amicizia dimostrata da Dio con l'invio di Ges�
Cristo.
La Chiesa pu� solo ringraziare con riconoscenza infinita e
gioia senza fine colui che ha preso su di s� la riprovazione,
perch� agli uomini fosse data l'elezione.
Conclusioni
Al termine di questa veloce riflessione sul pensiero
teologico barthiano, possiamo affermare con sicurezza che � il
SI! di Dio, la sua grazia insomma, il motivo del NO! di Barth al
nazismo. Storicamente che questo NO! dipendesse da un SI! lo si
� visto al fine del conflitto mondiale, quando Barth, a
differenza di molti suoi connazionali, favorevoli prima ai
collaborazionismo e poi ad una condanna senza perdono, sapr�
dire: "Venite a me voi, spregevoli creature, voi cattivi
ragazzi e ragazze di Hitler, voi brutali soldati delle SS, voi
orrendi farabutti della Gestapo, voi tristi collaborazionisti,
gente disposta a tutti i compromessi, voi gregari tutti che
cos� a lungo avete, pazienti e stupidi seguito il vostro
condottiero.
Venite a me, voi colpevoli e conniventi, che ora potete e dovete
vedere di che cose sono realmente degne le vostre gesta! Venite
a me io vi conosco bene, ma non vi chiedo chi siete e che cosa
avete fatto, io vedo soltanto che siete alla fine e, bene o
male, dovete incominciare di nuovo. Io vi voglio ristorare,
proprio con voi io voglio partire daccapo dal punto zero. Se
questi Svizzeri gonfi de le loro idee democratiche, sociali e
cristiane, che hanno sempre tenute alte, non sono interessati a
voi, ebbene io lo sono. Io sono per voi Io sono vostro amico!
(4)
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