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L'opera di Barth � immensa e qualunque scelta antologica
risulta infinitamente riduttiva. I passi che abbiamo scelto ci
sembrano particolarmente significativi teologicamente e
politicamente e, inoltre, possiedono un carattere provocatorio
che li rende particolarmente adatti a livello didattico. Per i
testi del Roemerbrief e della Kirchliche Dogmatik riportiamo la
traduzione presente in Dialogo su Dio, la teologia protestante
nel XX secolo, a cura di H. Zahrnt, Queriniana. Per la
Confessione di Barmen utilizziamo la traduzione contenuta in Tra
la croce e la svastica. Il messaggio di una Chiesa confessante
per il nostro tempo, ed. Claudiana.
1. La Rivoluzione teologica del 1922: Der
Roemerbrieff
Karl Barth considera che qualsiasi pretesa dell'uomo di entrare
in rapporto con Dio per virt� propria, ossia al di fuori di
Cristo � un atto di insubordinazione da parte dell'uomo che
tenta di mettersi al posto di Dio: Noi crediamo di sapere quello
che diciamo, quando diciamo "Dio". Noi gli assegniamo
il posto pi� elevato del nostro mondo. Cio� lo poniamo, in fin
dei conti, sopra una stessa linea con noi e con le cose. Noi
pensiamo che egli ha "bisogno di qualcuno" e pensiamo
di poter regolare la nostra relazione con lui, come regoliamo
altre relazioni. Noi ci spingiamo importunamente nella sua
vicinanza, e lo tiriamo inavvertitamente nella nostra vicinanza.
Noi ci permettiamo di avvicinarci a lui in una relazione di
dimestichezza. Noi ci permettiamo di calcolare con lui come se
in questo non vi fosse nulla di straordinario. 'Noi osiamo darci
importanza come suoi confidenti, fautori, agenti, fiduciari. Noi
scambiamo l'eternit� col tempo. Questa � l'empiet� della
nostra relazione con Dio. Ed essa � insubordinata. Noi stessi
siamo segretamente i signori di questo rapporto. Non ci curiamo
di Dio, ma dei nostri bisogni, secondo i quali Dio deve
regolarsi. La nostra albagia pretende oltre a tutto il resto la
conoscenza e l'accessibilit� di un sopra-mondo.
La nostra azione reclama una motivazione pi� profonda, una lode
e un premio oltremondano. La nostra sete di vivere � bramosa di
momenti di spiritualit�, di prolungamenti nell'eternit�.
Quando poniamo Dio sul trono dell'universo, intendiamo noi
stessi. Quando "crediamo" in lui, noi giustifichiamo,
letifichiamo, veneriamo noi stessi. La nostra piet� religiosa
consiste in questo, che noi convalidiamo solennemente noi stessi
e il mondo e ci risparmiamo devotamente la contraddizione. Essa
consiste in questo, che noi, con tutti i segni dell'umilt� e
del rapimento, ci ribelliamo contro Dio stesso. Noi scambiamo il
tempo con l'eternit�. Questa � la nostra insubordinazione. E
questa � la nostra relazione con Dio, all'infuori e senza di
Cristo, al di qua della risurrezione, prima che siamo richiamati
all'ordine: Dio stesso non � riconosciuto come Dio e quello che
si chiama Dio � in realt� l'uomo stesso. Noi serviamo al
non-Dio, in quanto viviamo la nostra stessa vita.
Roemerbrief, 19 s. = L'Epistola ai Romani, 19 s.
Karl Barth ritiene perfettamente legittima la domanda se vi sia
un Dio e considera l'ateismo come una risposta perfettamente
comprensibile. Egli prende sul serio la critica dell'ateismo
contemporaneo e non la combatrte secondo la prassi apologetica:
"Vi � un Dio? " Domanda veramente legittima!
Concepire questo mondo nella sua unit� con Dio, � colpevole
arroganza religiosa, se non � la conoscenza ultima di ci� che
� vero al di l� della nascita e della morte, conoscenza che
viene da Dio.
La presunzione religiosa deve sparire, se deve subentrare ad
essa la conoscenza che viene da Dio. Quando circolano monete
false, anche le buone sono sospette. L'evangelo offre la
possibilit� di questa conoscenza ultima. Ma perch� divenga
realt�, essa deve mettere fuori corso tutte le concezioni
penultime...
Quel che l'uomo al di qua della risurrezione chiama Dio, �
tipicamente non-Dio. L'Iddio che non salva la sua creazione,
l'Iddio che lascia libero corso all'ingiustizia degli uomini,
l'Iddio che non si presenta a noi come Dio, l'Iddio che non �
altro che la suprema enfatica affermazione dell'esistenza del
mondo e dell'uomo, cos� come �, � l'insopportabile, il
non-Dio, nonostante i supremi attributi con cui, con suprema
passione, lo adorniamo. Il grido del ribelle contro questo Dio
si avvicina maggiormente alla verit� che le arti di coloro che
vogliono giustificarlo. Soltanto in mancanza di meglio, in
mancanza del coraggio della disperazione, l'esplicito ateismo
viene generalmente evitato al di qua della risurrezione (...)
Contro Zeus, il non-Dio (...) Prometeo si ribella a buon
diritto.
Roemerbr�ef, 13, 15 s., 23 = L'Epistola ai Romani, 13, 16,
23
Ges� Cristo: ecco l'unico nome del Dio che � Dio, in Lui il
piano invisibile di Dio scende dall'alto e incide
perpendicolarmente sul piano visibile del mondo ma senza
dilatarsi e rendersi visibile in esso, bens� come una tangente
che tocca una circonferenza, e cio� senza toccarla veramente:
In questo nome si toccano e si dividono due mondi, si tagliano
due piani, uno sconosciuto e uno conosciuto. Quello conosciuto
� il mondo della "carne", creato da Dio ma decaduto
dalla sua originaria unit� con Dio, e perci� bisognevole di
salvezza; il mondo dell'uomo, del tempo e delle cose, il nostro
mondo. Questo piano conosciuto viene tagliato da un altro
sconosciuto, il mondo del Padre, il mondo della creazione
originaria e della redenzione finale (...)
Il punto della linea di intersezione, nel quale questa pu�
essere veduta, ed � effettivamente veduta, � Ges�, Ges� di
Nazareth, il Ges� "storico", "nato dalla
schiatta di Davide secondo la carne". "Ges�",
come indicazione storica, significa il luogo di rottura tra il
mondo a noi conosciuto e un altro sconosciuto. Il tempo, le
cose, gli uomini, in quel punto del mondo a noi conosciuto non
hanno in s� alcuna preminenza sopra altri tempi, cose e uomini,
ma se ne distinguono in quanto circoscrivono il punto che rende
visibile la linea di intersezione nascosta fra tempo ed
eternit�, cosa e origine, uomo e Dio.
Gli anni 1-30 sono dunque il tempo della rivelazione e della
scoperta. Sono il tempo in cui, come � dimostrato dall'accenno
a Davide, la nuova, diversa determinazione divina di ogni tempo
� veduta; e che, con questo stesso fatto, sopprime la propria
particolarit� nei riguardi di altri tempi, aprendo la
possibilit� che ogni tempo possa diventare tempo di rivelazione
e di scoperta. Ma quel punto stesso della linea di intersezione,
come tutto il piano sconosciuto, di cui annunzia la presenza,
non ha alcuna estensione sui piano a noi conosciuto. I raggi che
ne emanano, o pi� precisamente i singolari crateri, le cavit�
con cui si annunzia all'interno della intuibilit� storica, non
sono mai l'altro mondo che in Ges� viene a contatto col nostro
mondo: neanche quando si chiamano: "la vita di Ges�".
E nella misura in cui, in Ges�, questo nostro mondo viene
toccato dall'altro mondo, esso cessa di essere intuibile
storicamente, temporalmente, direttamente come una cosa�
Ges�, come il Cristo, il Messia, � la fine del tempo e pu�
essere compreso soltanto come paradosso (Kierkegaard), come il
vincitore (Blumhardt), come storia originaria (Overbeck). Ges�
in quanto � il Cristo, � il piano a noi sconosciuto, che
taglia perpendicolarmente, dall'alto, il piano a noi conosciuto.
Ges�, in quanto � il Cristo all'interno dell'intuizione
storica, pu� essere compreso soltanto come problema, soltanto
come mito. Ges�, in quanto � il Cristo, porta con s� il mondo
del Padre, di cui noi, all'interno dell'intuizione storica, non
sappiamo nulla e non sapremo mai nulla. Ma la risurrezione dai
morti � la svolta, l'atto con cui questo punto �
"stabilito" dall'alto e veduto dal basso. La
risurrezione � la rivelazione, la scoperta di Ges� come il
Cristo, l'apparizione di Dio e il riconoscimento di Dio in lui
(...)
Nella risurrezione, il nuovo mondo dello Spirito Santo viene in
contatto col vecchio mondo della carne. Ma esso lo tocca come la
tangente tocca il cerchio, senza toccano, e appunto in quanto
non lo tocca, 'lo tocca come la sua limitazione, come mondo
nuovo (...)
Nessun connubio, nessuna confusione tra Dio e l'uomo, nessuna
ascesa dell'uomo nel divino e nessuna infusione di Dio
nell'essenza umana, si compiono qui, ma quello che in Ges�
Cristo tocca l'uomo, in quanto non lo tocca, � il Regno di Dio,
creatore e redentore.
Roemerbrief, 5 s. = L'Epistola ai Romani, 5 s.
Karl Barth descrive la fede cristiana non come superamento, ma
come rispetto dell'infinita differenza qualitativa: La fede �
questo: il rispetto dell'incognito divino, l'amore di Dio nella
coscienza della differenza qualitativa tra Dio e l'uomo, Dio e
il mondo, l'affermazione della risurrezione come rovesciamento
del mondo, l'affermazione del "No" divino in Cristo,
il fermarsi turbati davanti a Dio (...)
E quando si viene alla fede, il calore del sentimento, la forza
della convinzione, l'elevatezza dei principi e della morale sono
sempre soltanto segni concomitanti dell'avvenimento vero e
proprio, appartenenti all'al di qua, e perci� in s� privi di
importanza (...)
Appunto per questo la fede non � mai identica con la
"piet�" religiosa, fosse anche la pi� pura e la pi�
delicata. E se anche la piet� � in qualche misura un indizio
della presenza della fede, lo � in quanto � la negazione di
altre positivit� mondane e anzitutto di se stessa (...)
L'esperienza religiosa, a qualunque grado di altezza si compia,
non appena � qualche cosa di pi� che spazio vuoto, non appena
intende essere contenuto, possesso e godimento di Dio, � la
sfrontata e inetta usurpazione di ci� che pu� essere e
diventare vero soltanto a partire dal Dio sconosciuto. Nella sua
storicit�, materialit� e concretezza, essa � sempre un
tradimento verso Dio. Essa � la nascita del non-dio, dell'idolo
(...)
Persino la fede, in quanto voglia essere in qualsiasi senso
qualche cosa di pi� che spazio vuoto, � miscredenza... Il
timore e l'umilt� davanti a Dio non vorranno mai essere altro
che spazio vuoto, indigenza e speranza (...)
La fede stessa, come tale � sempre velata nella
inconoscibilit� (...) Quello che si rende percepibile, non �
mai timor di Dio
Roemerbrief, 14 s., 25, 32, 37, 41, 61 = L'Epistola ai
Romani, 14 s., 25, 32
Il vero volto (dialettico) della religione per Barth � il
peccato: Con l'apparire della suprema illusione dello sforzo
umano si scopre il carattere illusorio dei suoi sforzi meno
elevati. Come uomo religioso, l'uomo si � posto di fronte a Dio
e ora egli deve stare di fronte a Dio. Appunto nel ricordo della
sua immediatezza a Dio, si storicizza la perdita di questa
immediatezza. La malattia mortale si dichiara. La religione
diventa il punto interrogativo dell'intero sistema della cultura
umana. L'uomo, come uomo religioso sperimenta: che cosa?
Evidentemente il fatto che egli � invisibilmente determinato
dal peccato. La caduta dell'uomo da Dio, la lacerazione
dell'unit� tra la sua origine e lui diventa un fatto concreto
nella religione (...)
La creatura, indipendentemente dalla sua opposizione al
Creatore, non � peccaminosa, non � in contraddizione con Dio,
non deve essere screditata come pura creaturalit�, come pura
relativit�. Questa opposizione, e con essa la peccaminosit�
della creatura, diventa acuta soltanto nella titanica
possibilit� della religione (...)
Questo � il significato della religione: nella realt� e
nella inevitabilit� di questa suprema possibilit� umana, la
potenza del peccato si rivela come la potenza che regna sul
circolo in s� chiuso dell'umanit�; ma essa � limitata dalla
libert� di Dio, di Dio stesso, di Dio solo.
Roemerbrief, 222 s., 225 s., 232, 239 = L'Epistola ai Romani
221 s., 224 s., 230, 238
L''uomo religioso, addirittura, � il peccatore per
antonomasia: Appunto l'uomo che ha la legge, l'uomo desto,
entusiasta, l'uomo che attende, che � rivolto verso Dio, l'uomo
religioso � il peccatore nel significato pi� visibile del
termine. Il peccato di Giuseppe si compie in coloro che
s'interessano alla religione, non nella massa degli
indifferenti, nei preti e nei loro amici, non nei pescecani e
nei ruffiani, nella Chiesa, non al cinematografo, nella Facolt�
di Teologia, non nell'ateismo dei medici, nei
socialisti-religiosi e negli attivisti, non nei capitalisti e
nei militaristi, in libri come questo, non nella letteratura
amena dei figli del mondo.
Roemerbrief, 152 = L'Epistola ai Romani, 152
2. Barth contro il nazismo: La Confessione di
Barmen dagli atti del primo sinodo confessante di Barmen
[Vengono qui tradotti i primi due atti. Il primo contiene il
testo della Dichiarazione teologica].
I. Il sinodo riconosce alla Dichiarazione teologica sulla
situazione presente della Chiesa Evangelica Tedesca, inquadrata
dall'esposizione del pastore Asmussen, il carattere di
testimonianza cristiana biblico-riformata e la prende sotto la
propria responsabilit�.
DICHIARAZIONE TEOLOGICA SULLA SITUAZIONE PRESENTE DELLA CHIESA
EVANGELICA TEDESCA
La Chiesa Evangelica Tedesca, in base alle parole iniziali della
sua costituzione dell'il luglio 1933, � una Lega di chiese
sorte dalla Riforma, aventi una confessione di fede ed esistenti
l'una accanto all'altra sullo stesso piano. La premessa
teologica che unisce insieme tali chiese � contenuta negli
articoli 1 e 2,1 della costituzione della Chiesa Evangelica
Tedesca, costituzione riconosciuta dal governo del Reich il 14
luglio 1933: Art. 1:11 fondamento intoccabile della Chiesa
Evangelica Tedesca � l'Evangelo di Ges� Cristo, attestatoci
nella Sacra Scrittura e riportato alla luce dalle confessioni di
fede della Riforma. I poteri di cui la chiesa ha bisogno per
svolgere la sua missione vengono precisati e circoscritti
dall'Evangelo stesso. Art. 2,1: La Chiesa Evangelica Tedesca si
articola in chiese (chiese regionali). Noi qui riuniti come
Sinodo confessante della Chiesa Evangelica Tedesca,
rappresentanti di chiese luterane, riformate ed unite, di liberi
sinodi, convegni e gruppi ecclesiastici, dichiariamo di trovarci
uniti insieme sul terreno della Chiesa Evangelica Tedesca intesa
come Lega di chiese tedesche aventi una propria confessione di
fede.
Quel che ci tiene uniti � perci� la professione di fede
nell'unico Signore della chiesa una, santa, universale ed
apostolica. Pubblicamente, davanti a tutte le chiese evangeliche
della Germania, dichiariamo che l'unit� di questa professione
di fede, e quindi anche l'unit� della Chiesa Evangelica
Tedesca, � messa seriamente in pericolo dal modo di agire e
dagl'insegnamenti propri del partito ecclesiastico dominante dei
Cristiani Tedeschi e del governo ecclesiastico da essi espresso.
In questo primo anno di esistenza della Chiesa Evangelica
Tedesca tale pericolo � apparso sempre pi� evidente. La
premessa teologica su cui si fonda l'unit� della Chiesa
Evangelica Tedesca � stata continuamente e fondamentalmente
contrastata e resa inoperante, mediante ricorso a postulati di
altro genere, tanto da del capo e portavoce dei Cristiani
Tedeschi, o da parte dello stesso governo ecclesiastico. Se
questi altri postulati diventano determinanti, allora - secondo
tutte le confessioni di fede vigenti tra di noi - la chiesa
cessa di esser chiesa? Se sono essi a valere, allora anche
l'esistenza della Chiesa Evangelica Tedesca come lega di chiese
confessanti diventa intimamente impossibile.
Ci � dunque consentito ed imposto, come membri di chiese
luterane, riformate ed unite, di esprimerci unitariamente ed in
comunione gli uni con gli altri su questa materia. Appunto in
quanto siamo e desideriamo restare fedeli alle nostre diverse
confessioni di fede, non ci � consentito tacere. In questo
tempo di difficolt� e disorientamento per tutti, crediamo che
ci venga data una parola da spendere in nome di tutti. Ci
rimettiamo a Dio per tutto ci� che tale parola potr�
significare circa il rapporto reciproco delle chiese confessanti
tra di loro in relazione alla loro confessionalit�.
Di fronte agli errori dei Cristiani Tedeschi e dell'attuale
dirigenza ecclesiastica del Reich, errori che devastano la
chiesa e quindi provocano anche la disunione della Chiesa
Evangelica Tedesca, ci riconosciamo nelle seguenti verit�
evangeliche:
I "Io sono la via, la verit� e la vita; nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me" (Giov. 14,6). "In
verit�, in verit� vi dico: chi non entra nella stalla delle
pecore per la porta, ma da qualche altra parte, quello � un
ladro e un assassino. Io sono la porta: chi entra attraverso di
me, sar� salvo" (Giov. 10,1.9). Ges� Cristo, cosi come ci
viene attestato nella Sacra Scrittura, � l'unica parola di Dio.
Ad essa dobbiamo prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e
ad essa dobbiamo obbedire in vita ed in morte. Respingiamo la
falsa dottrina, secondo cui la chiesa, a fianco e al di l� di
quest'unica parola, potrebbe e dovrebbe usare come base della
propria predicazione anche altri eventi e forze, figure e
verit�, riconoscendo loro il carattere di rivelazione di
Dio.
II "Ges� Cristo ci � stato fatto da Dio sapienza e
giustizia e santificazione e redenzione" (I Cor. 1,30).
Come Ges� Cristo rappresenta la grazia senza condizioni del
perdono di tutti i nostri peccati, cos�, con uguale seriet�,
egli � l'espressione della forte pretesa che Dio fa valere nei
confronti di tutta la nostra vita. Per mezzo suo ci accade di
sperimentare una felice liberazione dagli empi legami di questo
mondo per un libero, riconoscente servizio alle sue creature.
Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui ci sarebbero settori
della nostra esistenza nei quali non apparterremmo a Ges�
Cristo ma ad altri signori; settori, in cui non ci sarebbero
necessarie la sua giustificazione e la sua santificazione.
III "Siate ai servizio della verit� nell'amore e in tal
modo crescete sotto ogni aspetto verso quello � il capo,
Cristo, a partire dal quale tutto il corpo � collegato
insieme" (Efes. 4,15 e 16) La chiesa cristiana � la
comunit� di fratelli in cui Ges� Cristo nella parola e nel
sacramento mediante lo Spirito Santo agisce in modo presente
come il Signore. 'Essa ha da testimoniare con la sua fede come
con la sua obbedienza, con il suo messaggio come con il suo
ordinamento, in mezzo al mondo del peccato come chiesa dei
peccatori perdonati, che essa � soltanto sua propriet� e che
vive e desidera vivere soltanto della sua consolazione e della
sua direttiva, nell'attesa della sua manifestazione Respingiamo
la falsa dottrina, secondo cui chiesa potrebbe lasciar
determinare la forma proprio messaggio e del proprio ordinamento
d proprie preferenze o dal variare delle convinzioni ideologiche
e politiche di volta in volta dominanti.
IV. " Voi sapete che i principi delle nazioni le
signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. Ma
non � cos� tra voi; anzi, chiunque vorr� esser grande fra
voi, sar� il vostro servitore" (Matteo 20,25 e 26). I
diversi ministeri nella chiesa non legittimano alcuna supremazia
degli uni sugli altri, bens� sono alla base dell'esercizio del
servizio affidato e comandato a tutta la comunit�. Respingiamo
la falsa dottrina, secondo cui la chiesa potrebbe darsi o
permettere che le vengano dati dei capi di tipo particolare
muniti di autorizzazione all'esercizio di un potere che esula
dal servizio stesso della chiesa.
V. " Temete Iddio, rendete onore al re" (I Pietro
1,17). La Scrittura ci dice che lo stato, per divina
disposizione, nel mondo non ancora redento, nel quale anche la
chiesa si trova, ha il compito - per quanto rientra nelle
prospettive e nelle possibilit� umane e senza escludere la
minaccia e l'uso della forza - di provvedere al diritto e alla
pace. La chiesa, con gratitudine e timore verso Dio, riconosce
il beneficio di questa disposizione divina. Essa fa appello al
regno di Dio, al suo comandamento ed alla sua giustizia e
perci� ricorda ai governanti ed ai governati le loro
responsabilit�. Essa si affida ed obbedisce alla potenza della
parola mediante la quale Dio regge ogni cosa. Respingiamo la
falsa dottrina secondo cui lo stato, al di l� del suo compito
particolare, dovrebbe e potrebbe diventare il solo e totale
ordinamento della vita umana tanto da assolvere anche funzione
cui � destinata la chiesa. Respingiamo la falsa dottrina,
secondo cui chiesa, al di l� del suo compito particolare,
dovrebbe e potrebbe attribuirsi caratteri, compiti dignit�
propri dello stato, tanto da diventarne sa stessa uno degli
organi. VI "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla
fine dell'et� presente" (Matteo 28,20). "La parola di
Dio non � incatenata" (Il Tu 2,9). Il compito della
chiesa, fondamento della s libert�, consiste nel rivolgere a
tutto il popolo, luogo di Cristo e dunque a servizio della sua
parola e della sua opera, per mezzo della predicazione e dei
sacramenti, la notizia della libera grazia Dio. Respingiamo la
falsa dottrina, secondo cui chiesa, agendo con umana arroganza,
potrebbe porre la parola e l'opera del Signore al servizio
qualche desiderio, obbiettivo o piano, corrispondente alle sue
autonome scelte. Il Sinodo confessante della Chiesa Evangelica
Tedesca dichiara di ravvisare nel riconoscimento di queste
verit� e nel rifiuto di questi errori indispensabile base
teologica che permette alla Chiesa Evangelica Tedesca di essere
una Lega delle chiese confessionalmente distinte. Esorta tutti
coloro che possono aderire alla sua Dichiarazione a tenerne
presenti le prospettive teologiche in occasione di loro
decisioni concernenti la politica ecclesiastica. Prega tutti
coloro per i quali la cosa ha rilevanza di ritornare all'unit�
della fede, dell'amore e della speranza. Verbum Dei manet in
aeternum II. Il Sinodo trasmette questa Dichiarazione ai
raggruppamenti confessionali, perch� ne facciano oggetto di
responsabile esposizione ed illustrazione sulla base delle
rispettive confessioni di fede.
(Traduz. di Sergio Rostagno)
3. La Kirchliche Dogmatik: teologia come
cristologia
In nome di Cristo, Karl Barth, tra tutti i teologi protestanti,
� di nuovo il critico pi� severo della religione: La religione
� incredulit�; la religione � una questione, anzi, diciamolo
francamente, � la questione che interessa l'incredulo
(...)
Il credente non dir� mai che egli � passato dalla fede alla
fede, ma che vi � pervenuto dall'incredulit� (...)
Ma appunto la rivelazione, la fede nella rivelazione, smaschera
la religione dell'uomo in quanto tale come un atto di resistenza
contro di lei. La religione, considerata dal punto di vista
della rivelazione, appare come un'iniziativa dell'uomo per
anticiparsi a ci� che Dio fa e vuol fare nella sua rivelazione
per mettere al posto dell'opera di Dio un artifizio umano, in
altre parole, al posto della realt� di Dio come ci si presenta
e ci appare nella rivelazione, mettere un'immagine di Dio fatta
dall'uomo a proprio arbitrio e capriccio (...)
Perci� la religione contraddice la rivelazione, �
l'espressione concentrata dell'incredulit� umana, ossia
dell'atteggiamento e del comportamento esattamente opposti alla
fede. E' il tentativo impotente, ma anche caparbio, tracotante,
ma anche misero, con cui l'uomo potrebbe e invece non pu� fare
ci� che gli � possibile soltanto perch� e quando Dio lo fa
per lui, e cio� conoscere la verit�, conoscere Dio. Kirchilche
Dogmatik I/2, 327 Tutta la teologia viene concentrata nella
rivelazione di Cristo. Quando la Scrittura parla di Dio non ci
consente di lasciar vagare arbitrariamente i nostri sguardi e i
nostri pensieri verso una qualsiasi altezza o profondit� per
accertarvi la presenza di un essere dotato della pi� perfetta
sovranit� e di molte altre perfezioni (...)
Ma quando la sacra Scrittura parla di Dio essa .riconduce i
nostri sguardi e i nostri pensieri verso un unico piano... Se
guardiamo ancora pi� attentamente e chiediamo: chi o che cosa
dobbiamo riconoscere come Dio in quell'unico punto verso il
quale la Scrittura orienta i nostri sguardi e i nostri pensieri?
(...)
Dall'inizio alla fine essa ci conduce al nome di Ges� Cristo
(...)
Non c'� nessuna profondit� dell'essere o dell'azione di Dio
maggiore di quella che si � rivelata in quell'evento e sotto
quel nome. Infatti in quell'evento e sotto quel nome egli ha
rivelato se stesso...
I nostri occhi vedono Dio e i nostri pensieri aderiscono a Dio
quando hanno per oggetto colui che porta quel nome, quando si
dirigono verso Ges� Cristo. Kirchliche Dogmatik 11/2, 56 s.
Dunque la teologia che non � cristologia non � affatto
teologia: La legittimit� di qualsiasi affermazione sui rapporto
tra Dio e l'uomo, tra Dio e il mondo pu� essere verificata
domandandosi se sia possibile intenderla anche come
interpretazione del rapporto e della comunione creati e
mantenuti in Cristo, chiedendosi se possa sopportare di essere
misurata sui metro delle conoscenze fondamentali che la chiesa
possiede della persona e opera di Cristo, ovvero se ne rimanga
estranea e lontana, dovendo prima esservi ricollegata come
premessa o come aggiunta senza derivarne o esservi direttamente
riconducibile. Non c'� rigorosamente nessuna tematica cristiana
autonoma rispetto alla cristologia e la chiesa lo deve anche
sostenere dinanzi al mondo: non c'� nessuna tematica di nessuna
specie che sia autonoma rispetto alla cristologia. Ad ogni modo
ci si pu� richiamare a Dio e alla sua libert� per affermare il
contrario. Richiamandosi a Dio e alla sua libert� non si potr�
in fin dei conti far altro che sviluppare e commerciare
quest'unico tema.
Kichlicbe Dogmatik II/1, 360
Anche il dogma calvinissta della doppia predestinazione
viene completamente rivisitato in un'ottica cristologica
L'elezione di grazia � l'eterno inizio di tutto ci� che Dio
compie ed opera in Ges� Cristo, nel quale Dio, per sua libera
grazia, si destina all'uomo peccatore e destina quest'ultimo a
s�, assumendo quindi su di s� la condanna dell'uomo con tutte
le sue conseguenze e predestinando l'uomo a partecipare alla sua
propria gloria (...)
Dio vuol perdere, per guadagnare l'uomo. Salvezza sicura per
l'uomo, sicuro pericolo per Dio! Se � giusto che nella dottrina
della predestinazione si sia sempre parlato di predestinazione
doppia, all'elezione e alla condanna, di predeterminazione alla
salvezza e alla perdizione, alla vita e alla morte, possiamo ben
dire che nell'elezione di Ges� Cristo, nella quale si manifesta
la volont� di Dio, Dio stesso ha riservato all'uomo il primo
elemento, l'elezione, la salvezza e la vita ed ha invece
riservato a se stesso l'altro elemento, la condanna, la
dannazione e la morte. Se il buon volere di Dio, che � il
principio di tutto ci� che egli fa, implica anche il pericolo,
anche la minaccia di una negazione, in tal caso, siccome il
figlio di Dio divenuto figlio dell'uomo rappresenta ed � egli
stesso quel divino buon volere, il pericolo e la minaccia di cui
parliamo sono appunto la parte che il figlio di Dio e quindi Dio
stesso ha preso su di s� (...)
Perci� la predestinazione, se anche in essa si esprime un
"no", non � mai un "no" che riguardi
l'uomo. In quanto implichi anche esclusione e condanna, essa non
� l'esclusione e la condanna dell'uomo. Nella misura in cui �
orientata anche alla dannazione e alla morte, essa non ha di
mira la dannazione e la morte dell'uomo (...)
Perci� la fede nella predestinazione di Dio significa in s� e
per s� fede nella non-condanna dell'uomo e non-fede nella sua
condanna.
Kirchliche Dogmatik II/2, 101, 177, 181 s.
La rivelazione biblica di Dio in Cristo comporta la morte degli
d�i; essa smaschera tutti gli altri d�i, dall'antichit� fino
a Adolf Hitler, mostrando che sono idoli, e non consente nessuna
tolleranza nei loro riguardi. Con questo l'impresa teologica
barthiana rivela la sua esplosiva politicit� La conoscenza di
Dio in senso neotestamentario, ossia la conoscenza del Dio trino
ed uno rappresentava, in contrasto con tutta la religiosit� dei
primi secoli, e rappresenta ancor oggi, il pi� radicale
crepuscolo degli dei: precisamente quella sdivinizzazione del
"mondo meraviglioso" di cui Schiller si lamentava in
modo cos� toccante. L'accusa di ateismo che il mondo
circostante rivolgeva al primitivo cristianesimo non era affatto
campata in aria e gli apologeti sarebbero stati pi� avveduti se
avessero esibito meno zelo nel controbatterla. Non senza fondato
motivo qualsiasi predicazione genuina della fede cristiana viene
recepita ancor oggi come un turbamento, anzi una distruzione
dell'impulso, della vita, della ricchezza e della pace
religiose. Ma non pu� essere altrimenti: l'Olimpo e il Walhalla
si spopolano quando il messaggio dell'unico Dio � proclamato e
creduto. Allora i personaggi di qualsiasi mondo religioso
diventano necessariamente profani, si volatizzano a vista
d'occhio, devono campar la vita riducendosi a mere idee, a
simboli, fantasmi e persino a personaggi comici, per cadere
infine nell'oblio anche sotto questa veste.
Non c'� frase pi� pericolosa e rivoluzionaria di questa: v'�
un solo Dio, e non v'� chi gli somigli! Tutte le cose che
durano nel mondo, ma anche tutti i cambiamenti, vivono di
ideologie e mitologie, di religioni mascherate o palesi e quindi
anche di ogni sorta di presunte e pretese cose divine e
divinit�. Cozzando contro la verit� contenuta nella frase
secondo cui Dio � uno, il terzo Reich di Adolfo Hitler andr�
in rovina...
Kirchliche Dogmatik II/1, 499 s.
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