IL CARCERE E IL
CONFINO
Il 26 marzo 1929, utilizzando un passaporto falso
intestato al
cittadino svizzero Luigi Roncaglia, Pertini
riusc� finalmente a
rientrare in Italia. Qui riprese contatti con la rete clandestina di
antifascisti. Riconosciuto,
dopo un breve interrogatorio
venne arrestato
a Pisa il 14 aprile
1929. Deferito al Tribunale Speciale, Pertini venne
condannato
il 30
novembre del 1929 a 10 anni e 9 mesi di reclusione e a 3 anni di
vigilanza speciale. Per tutto il processo tenne quello che il
Prefetto defin� "un contegno altezzoso e sprezzante", rifiutandosi
di riconoscere l'autorit� del Tribunale fascista.
All'annuncio
della sentenza
rispose con il grido "Viva il
Socialismo" e "Abbasso il fascismo".
Questo atteggiamento cost� a Pertini la reclusione a Regina Coeli e
all'ergastolo
di Santo Stefano. Nonostante le vessazioni, in
carcere
mantenne sempre un atteggiamento sereno e nello stesso tempo fermo,
come testimoniana una lettera
inviate alla madre
subito dopo la sentenza. Ben presto il
suo nome
fu associato a quello degli altri leader antifascisti. Da Santo Stefano
e dagli altri istituti di pena egli riusc� a tenere contatti, anche se
sporadici e avventurosi, con gli altri antifascisti.
Ben presto, per�,
le sue condizioni di salute peggiorarono. Ne scatur� una campagna
di opinione che ebbe un qualche minimo risultato. Nel dicembre 1930,
infatti, a Pertini, ammalatosi, venne tolto il regime di carcere
duro e venne disposto il trasferimento
nel carcere di Turi. A
Turi, Pertini conobbe e divenne amico di un altro leader
dell'antifascismo, Antonio Gramsci.
Nell'aprile 1932, Pertini venne trasferito presso il sanatorio
giudiziario di Pianosa.
Anche a Pianosa,
Pertini rimase fermo nei suoi propositi, ribadendo la sua avversione
alla dittatura e lottando, quando possibile, per il rispetto
delle condizioni dei detenuti politici.
Nonostante questo, le sue condizioni di
salute non migliorarono, al punto che la madre fu indotta a
presentare alle autorit� domanda di grazia.
Pertini respinse
la domanda di grazia con
parole
durissime
per la
madre e per il presidente del Tribunale Speciale.
Per la prima volta i rapporti tra madre e figlio si incrinarono.
Nel 1932, gli giunse la notizia della morte
di Filippo Turati,
da lui sempre considerato come un maestro di vita e di
politica.
Gradatamente, gli
scambi
epistolari con la vecchia madre
ripresero.
Nel settembre 1935 Pertini usc� dal carcere e fu condotto al
confino, a Ponza.
Qui, tra rinunce e vessazioni, condivise la vita con gli altri
antifascisti.
Nel 1939 fu disposto il suo trasferimento al
confino prima a Tremiti e poi a
Ventotene.
Qui, lo sorprese la notizia dello scoppio del conflitto e poi dell'entrata
in guerra
dell'Italia a fianco della Germania nazista.
Nel 1941 Pertini present�
domanda
per incontrare la madre,
ormai anziana e ammalata. Le autorit� accettarono e Pertini pot�
rivederla,
anche se per pochi minuti e in carcere, per un'ultima volta.
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