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Mio nonno Emore Ascari � nato il 24 luglio del 1920, a Novellara, paesino nella campagna di Reggio Emilia. La sua famiglia era numerosa, e, come molte altre, viveva in condizioni disagiate dovute alla difficile situazione economica. 

Nel 1938 Mussolini prometteva lavoro terre case e benessere nelle colonie libiche (che era esattamente ci� che mancava in Italia) e la famiglia di mio nonno,abbagliata da quelle promesse e da quei sogni, si � imbarcata nell'ottobre del 1938 alla volta di Tripoli. 

La colonizzazione era diretta e organizzata dalla Previdenza Sociale, cui gli emigranti dovevano fare riferimento per il viaggio, per la divisione delle terre da lavorare e per le abitazioni. 

Credo che all'inizio non fu facile; nonostante la capacit� di adattarsi alle situazioni pi� difficili, per il bisogno di vivere, di mangiare e di lavorare, quegli emigrati, come mio nonno, si trovarono immersi in una realt� squallida e povera, ben diversa da quella che aveva raccontato loro il duce con le sue promesse. 

Infatti, le case non erano che poverissimi fabbricati, le terre appartenevano a ricchi proprietari (Ricotti ad esempio erano i proprietari dei terreni che comprendevano anche quelli del nonno) che tra l'altro erano aride e secche, e dovevano essere coltivate sotto il controllo costante di un capo azienda della Previdenza Sociale, il quale provvedeva a raccolto finito a ritirare buona parte dei prodotti. 

Nel 1939 si avvertiva l'avvicinarsi della guerra, infatti, i bambini di et� inferiore ai tredici anni furono portati in Italia nelle colonie, tra questi due fratelli di mio nonno, mentre chi come lui era pi� grande, veniva chiamato alle armi. 

Mio nonno non ancora ventenne fu immediatamente arruolato a Tripoli nella centrale di tiro dove trascorse diciotto mesi in contraerea. 

Purtroppo l'esito della guerra non fu positivo per gli italiani, intervenne l'Afrikan Korp, gruppo militare tedesco grazie al quale il fronte si spinge oltre i confini della Libia, fino in Egitto. 

Il 27 ottobre 1942 a El-Alamein, gli inglesi, con l'aiuto americano, sferrano un attacco irresistibile, e Rommel (la volpe del deserto) il comandante tedesco, � costretto alla ritirata. Mio nonno si ammal�, fu riportato a Tripoli dove fu ricoverato nell'ospedale militare; dopo lungo tempo si ristabil� e riusc� ad ottenere un documento da libero cittadino, rilasciata dagli inglesi che ormai avevano occupato Tripoli.

Credo che quel visto sia stato la sua salvezza. Solitamente i soldati italiani, a Tripoli, erano accusati di essere disertori o sbandati, per poi essere deportati nei campi di concentramento in Sud-africa. Eppure neanche il nonno sa bene come sia riuscito a ottenerlo� forse gli inglesi durante la "visita"si sono inteneriti vedendolo cos� debilitato e magro, o forse � stato un attimo di distrazione da parte degli inglesi, o forse il nonno non aveva n� l'aria da sbandato n� da disertore.



 
     
 
 
 

 

 


 

Materiali secondo anno
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Intervista a Emore Ascari. Un italiano in Libia

Sono venti anni che ho la fortuna di avere il nonno vicino. Mi piace parlare con lui, parliamo di tante cose, ma tutte le volte che entriamo nel merito della guerra, il nonno si chiude,e liquida l'argomento con due parole del tipo:"la guerra porta solo dolore al di l� di qualsiasi ideale."e ricomincia a parlare di altro. Questa sua ritrosia � evidente nella nostra intervista;non si � mai lasciato scappare una parola di pi� o qualsiasi cosa non fosse strettamente aderente alle mie domande. In venti anni sono riuscita a mettere insieme piccoli tasselli della storia del nonno, risalenti al periodo della guerra. Piccoli particolari che rendevano le situazioni, di cui talvolta faceva parola,pi� chiare e nitide nella mia mente. Dunque ho creduto opportuno far seguire all'intervista, alcune notizie, riguardanti il contesto in cui mio nonno ha vissuto durante la guerra; in un paese lontano da casa, dove le persone avevano abitudini e lingua diversissime, e in cui il nonno ha dovuto fare la guerra: ha dovuto uccidere e vedere morire i suoi compagni,e credo che sia questo che ha segnato il nonno tanto da non voler neppure sfiorare questo argomento; Infatti lo tiene per se lo custodisce come se volesse risparmiare a me il dolore e la sofferenza che lo hanno segnato come fuoco vivo per la vita.





Quando sei arrivato in Africa? 

Nel 1938 Come vivevi la vita quotidiana in un paese cos� lontano dal tuo? Prima della guerra lavoravo il campo assegnatoci dalla Previdenza Sociale,per mantenere la mia famiglia;durante la guerra invece ero in contraerea a Tripoli e l� non avevo alcun orario, vivevo vicino al cannone e qualsiasi cosa succedesse in men che non si dica dovevamo essere pronti a sparare. 


Hai frequentato la scuola? Che tipo di studi hai seguito?
 

In Libia avevo quasi venti anni e avevo concluso gli studi superiori in Italia,che ho portato a termine per corrispondenza�non potevo permettermi di studiare a tempo pieno. 

Che cosa mangiavi solitamente. 

Prima della guerra, i frutti della "nostra" terra, latte, uova e delle galline. In guerra poi,avevamo il rancio che cambiava tutti i giorni. 


Com'era al tua abitazione in Libia? 

Aveva un portico, cinque stanze, una cucina, un bagno comune fuori della casa e la stalla. Era una delle tante case coloniche. 


Che cosa pensavi della guerra? 

Inizialmente noi italiani,ne eravamo orgogliosi, spinti dal patriottismo ,credevamo alla vittoria alle parole del "duce", alla guerra lampo� Purtroppo prese una piega negativa,che nessuno si sarebbe mai aspettato e ne risent� il morale delle persone, la fiducia e lo spirito di cui erano animate. 


Quanti eravate in famiglia? 

Eravamo in sei: mio padre, mia madre e quattro fratelli (tra maschi e femmine) 


Come passavi il tempo libero, se ne avevi? 

Non ne avevo! Ho trascorso i miei anni in Libia lavorando da civile e in postazione, quando ero sotto le armi.


Quanti anni avevi quando � iniziata la guerra? 

Ventuno 


A che occupazioni si dedicavano i tuoi genitori? 

Mio padre lavorava i campi con me e mia madre lavorava nelle case dei ricchi. 


Come si diffondevano le informazioni? 

Con la radio e i giornali 


Ti nascondevi durante i bombardamenti? 

E come potevo se combattevo al fronte? 


Di che cosa avevi paura? 

Temevo l'esito della guerra che iniziava a profilarsi contrario alle nostre aspettative. 


Ci sono stati atti di ritorsione? 

Mmm�no. 


Sei mai stato aiutato da qualcuno? 

No�"Ognun per s� e Dio per tutti". Ognuno doveva provvedere a salvare la propria vita. 


Possedevate animali a casa? 

Si,polli,mucca, galline, un camaleonte, cani e gatti 


Curavi l'immagine fisica? 

E come?! Chi aveva modo di farlo? 


E' migliorata velocemente la vita nel dopoguerra? 

Assolutamente no.Dopo l'occupazione inglese di Tripoli, la citt� � stata abbandonata a se stessa; gli inglesi,del resto non avevano alcun interesse alla ricostruzione della citt�. 


Quale episodio ti ha maggiormente impressionato? 

Il fatto che per sei mesi ho percorso un tratto di strada di tre o quattrocento metri, passando perfettamente sotto tiro�e questo per portare il caff� caldo ad un colonnello. Per sei mesi ho rischiato la vita tutti i giorni per il caff� di un uomo che si faceva chiamare colonnello.



 

   
     
 

Materiali primo anno

1. Un Diario del 1943 da Rodi
2. Un articolo del Tirreno
3. Schema intervista
4. Riassunto intervista a Giuseppe Vezzoni
5. Intervista a U.A.
6. Intervista a L.B.
7. Intervista a due sorelle
8. Bibliografia

Materiali secondo anno
1. Lampi di guerra
2. Intervista sulla guerra
3. Testimonianza
4. Intervista a Emore Ascari
5. Intervista a Antonio Bazzichi e Franca Frati
6. Intervista a Cosetta Carducci
7. Intervista a Michele Della Tommasina
8. Intervista a M.L.
9. Intervista a Adele Masetti
10. Intervista a Alda Mencaraglia
11. Intervista a Pasquino Pasquini e Franca Dini
12. Intervista a Aladina Pistolesi
13. Intervista a Fulvio Quintavalle
14. Intervista a Anna Maria Tongiani
15. Tra storia e ricordo

 
 
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